Less is better, rischi e costi del binge drinking

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Ce lo dice la ricerca, ma fra i giovanissimi italiani sta prendendo piede il binge drinking, con gravi rischi per la salute di oggi e di domani. Parola di Giovanni Addolorato. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2022.

Una serata in piazza per una chiacchierata con gli amici, una sigaretta e gli ormai immancabili shortini (o shottini). La nuova abitudine dei giovanissimi ha un doppio nome – ‘shottino’ deriva dall’ inglese to shot, inteso come spararsi una dose di superalcolico, però in Italia è stato ribattezzato anche ‘shortino’ da short, perchè è un minidrink servito in bicchierini – Ma la sostanza resta la stessa: ingollare più dosi di alcol nel corso di una serata per assicurarsi un po’ di euforia. Con il rischio di ritrovarsi privi di sensi o in pronto soccorso.

Ma quali sono i limiti di sicurezza quando parliamo di alcolici? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Addolorato, direttore UOC Medicina interna 2 e patologie alcol-correlate di Fondazione Policlinico Gemelli – Università Cattolica del Sacro Cuore. “Bisogna fare una distinzione: per gli adulti il consumo inadeguato è pari a due o più drink al giorno per l’uomo e a uno o più per la donna. Gli ultimi dati disponibili indicavano che almeno un milione di persone in Italia è identificabile come un bevitore a rischio”. Ma attenzione: “Al di sotto di queste quantità non è che non c’è danno: una serie di studi anche recenti, fra i quali quello del Global Burden Disease di cui faccio parte, pubblicato su Lancet, mostra come una bassa qualità di alcolici significhi basso rischio, non assenza di rischio. Tanto che l’alcol è stato inserito nella lista delle sostanze cancerogene. Insomma, la regola che vige per l’uso di bevande alcoliche è chiara: less is better”, afferma Addolorato. Meno bevi, meno rischi corri.

Questo è valido per gli adulti, mentre per gli adolescenti il discorso è del tutto diverso. “L’uso di alcol, per non parlare dell’abuso, dovrebbe essere considerato un ossimoro in questa fascia d’età. Questo perché i sistemi enzimatici che metabolizzano l’alcol si formano a partire dai 18 anni: prima invece tutto ciò che bevono si trasforma in un danno per il loro organismo”. Ma sono proprio i giovanissimi ad aver ‘importato’ il binge drinking dai Paesi nordici. “Negli ultimi anni abbiamo registrato un incremento importante del binge drinking negli adolescenti”. E a dircelo è uno studio italiano condotto nei licei romani e pubblicato su ‘Scientific Reports’ dal gruppo di Addolorato in pre-pandemia. “Abbiamo coinvolto più di 2.600 ragazzi dai 14 ai 18 anni – racconta – ed è venuto fuori che, se nel Nord Europa il binge drinking è presente nel 30% degli adolescenti, in Italia ormai il dato si attesta intorno al 67%. In altre parole si è invertita la proporzione: da noi è solo un terzo dei ragazzi a non farlo”.

Ma perché un lavoro fatto in una sola regione italiana è finito su una rivista internazionale? “Sia nelle indagini fatte in Europa che nelle altre mancava un tassello: noi abbiamo inserito uno strumento validato a livello internazionale che permette di identificare il rischio di abuso o la dipendenza da alcolici già instaurata. Con questo strumento – spiega il ricercatore – abbiamo potuto capire che il risultato era positivo esclusivamente in chi praticava il binge drinking. Questo ci dice che il pericolo” legato a questa forma di ‘sballo’ “non va sottostimato. E che la quota di genitori che ritiene il binge drinking un normale ‘passaggio’ adolescenziale sbaglia. Questa pratica può rappresentare un fattore di rischio verso lo sviluppo di alcohol use disorder, che include abuso e dipendenza da alcol”. Il timore degli specialisti è che in Italia si stia “sottovalutando in maniera drammatica quello che sta accadendo ai nostri ragazzi nelle loro serata alcoliche. “Se i nostri calcoli sono esatti, fra qualche anno ci troveremmo una percentuale di pazienti affetti da alcohol use disorder tale da non avere strutture e medici per poterla trattare”, sottolinea Addolorato. Lo spettro è quello di una vera e propria nuova epidemia, che ci troverà impreparati. “Anche perché il nostro studio è stato fatto prima della pandemia, e i dati preliminari ci mostrano che nel periodo di Covid-19 c’è stato un aumento dell’abuso di bevande alcoliche. È cambiata anche la modalità: le persone – continua l’esperto – anziché bere nelle piazze o nei bar, hanno comprato gli alcolici nei supermercati. E tantissimi hanno interrotto i trattamenti nei servizi per le dipendenze: insomma, su questo fronte la situazione è peggiorata, anche se ancora mancano pubblicazioni con dati aggiornati”.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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