Dal rischio nucleare a una nuova pandemia: l’Italia deve prevenire

Casamicciola
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Dietro la tragedia della frana di Casamicciola c’è ormai un unico leitmotiv: “Non prendiamocela con la pioggia, il problema è la mancata prevenzione”. Riflessioni sul condono a parte, di prevenzione si parla quando si pensa a tutte quelle situazioni a cui è possibile – e si deve – far fronte. Rischi chimici, biologici e radio-nucleari sono solo alcune delle criticità del sistema per le quali è necessario mettere in moto una potente macchina di obblighi e raccomandazioni internazionali.

Come sottolineato dal rapporto finale del progetto di ricerca ‘Cbrn-Italy’, finanziato dal bando Prin 2017 (Progetti di rilevante interesse nazionale) del ministero dell’Istruzione, università e ricerca. Che evidenzia l’urgenza di una pianificazione per evitare conseguenze catastrofiche di tipo ambientale, ma anche nucleare e sanitario. Perché nessuno pensi che Covid-19 sia un ricordo.

Il progetto, coordinato da Andrea de Guttry, professore ordinario di Diritto Internazionale dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha dapprima realizzato una mappatura di obblighi e raccomandazioni internazionali già presenti relativi alla protezione da eventi chimici, biologici, radio-nucleari. E in un secondo momento, ha analizzato in quale misura l’Italia ne stia dando attuazione.

“Prevenire una crisi sanitaria globaleprepararsi ad affrontare le conseguenze catastrofiche di un’esplosione nucleare, avere un piano per il post-emergenza e il ritorno alla normalità: il diritto internazionale stabilisce che per ognuna di queste situazioni, è necessario adottare misure specifiche”, ha commentato de Guttry. “Il caso di Covid-19 ha messo in luce lacune evidenti, e ora i ripetuti bombardamenti nelle immediate vicinanze della centrale nucleare di Zaporizhzhia, in Ucraina, sollevano in maniera drammatica, come confermato in questi giorni dal direttore generale dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica), il pericolo reale di una esplosione nucleare le cui conseguenze si propagherebbero ben oltre i confini dell’Ucraina”.

Se per qualcuno l’emergenza sanitaria (ma anche economica) da Covid-19 è ormai lasciata alle spalle, la guerra in Ucraina espone il nostro Paese a rischi enormi. “La prevenzione e la pianificazione delle emergenze dovrebbero essere sostenute da una strategia olistica e multi-rischio per la riduzione del rischio di disastri che, come previsto dal Sendai Framework (il principale documento di riferimento internazionale sulla riduzione del rischio di disastri adottato nel 2015 e successivamente approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite) avrebbe dovuto essere adottata entro il 2020″, ha precisato de Guttry.

La strategia, si legge nel rapporto di ricerca, dovrebbe essere sostenuta da una Piattaforma nazionale per la riduzione del rischio: che non appare però a oggi operativa. Dovrebbe prevedere un coordinamento con altri strumenti, come la Strategia di adattamento al cambiamento climatico, la Strategia nazionale per la cybersicurezza, o la Strategia per la protezione delle entità critiche. Che sarà obbligatoria dopo l’adozione della nuova Direttiva Ue sulle entità critiche, prevista per la fine del 2022 o al più tardi inizio 2023.

“Il nuovo Codice della Protezione Civile adottato nel 2018 introduce importanti novità in tema di prevenzione e pianificazione. Tuttavia, le lacune sono diverse: a partire da uno scarso coinvolgimento del pubblico nella valutazione del rischio e delle vulnerabilità locali e una scarsa attenzione alle necessità dei gruppi più vulnerabili che, in genere, sono colpiti in maniera significativa durante una situazione di emergenza: e cioè bambini, anziani, persone con disabilità e migranti”, ha detto de Guttry.

Il rapporto finale segnala la necessità di aggiornare e di dare maggiore visibilità anche al Piano di difesa contro il terrorismo Cbrn. Maggiore attenzione in questo ambito dovrebbe essere data, secondo il rapporto, alla cooperazione di polizia transfrontaliera per la prevenzione dei reati, alla formazione di operatori specializzati – ad esempio i risk manager di infrastrutture critiche – e alla comunicazione alla popolazione in situazione di emergenza.

Andrebbe inoltre rivista la normativa interna sulla prevenzione delle gravi malattie a carattere transfrontaliero, per aggiornare la normativa di adattamento ai Regolamenti sanitari internazionali e alla nuova legislazione europea. La pandemia di Covid-19 ha messo a dura prova la tenuta di un impianto normativo troppo precario e datato. La nuova normativa dovrebbe integrare le lezioni apprese che dovrebbero essere oggetto di analisi post-emergenza, eventualmente anche tramite l’utilizzo di strumenti messi a disposizione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E dovrebbe prevedere adeguate risorse per il rafforzamento del sistema sanitario nazionale.

È importante poi prevedere un rafforzamento delle attività di collaborazione, cooperazione e coordinamento con altri Stati e in sede di Unione Europea, anche per ridurre i costi impliciti nella prevenzione, preparazione, risposta e recupero da emergenze con bassa probabilità ma alto impatto.

Sul versante dell’assistenza soprattutto socio-psicologica alle vittime di eventi (siano essi intenzionali, accidentali o naturali) e del reintegro ambientale, durante il progetto sono stati notati divari significativi con le raccomandazioni internazionali. Un codice delle ricostruzioni – o più in generale un codice della ripresa – potrebbe essere adottato per coprire alcune carenze importanti della fase post-emergenza: che resta la più trascurata di tutto il ciclo di gestione.

Servono piani, fondi da investire e una maggior efficienza dell’intero sistema. La colata rapida di fango che ha colpito in maniera devastante il comune di Casamicciola ha interessato un’area classificata come a ‘molto elevato rischio idrogeologico’, che era già stata colpita in passato.

L’Italia deve essere in grado di ‘prevenire’: in ogni ambito.

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