Gli occhi rivelano se si è focalizzati sul lavoro, ecco come

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Lo sguardo corre veloce da una parte all’altra dello schermo, mentre tentiamo di comprendere ed interpretare immagini, voci e stimoli che giungono al nostro apparato visivo. E’ realtà quotidiana, per chi opera davanti ad un Pc, sul smartphone o tablet. E gli occhi debbono adattarsi a questa realtà, tanto da rappresentare vere e proprie finestre, in grado di seguire con maggiore o minore attenzione quanto avviene.

In qualche modo, hanno il compito di mettere a fuoco quanto ci deve interessare su scala professionale, mentre ci stiamo attivando per svolgere un lavoro. Ma possiamo monitorare attraverso gli occhi, vero e proprio specchio dell’anima in ambito lavorativo, quanto davvero ci stiamo impegnando e quanto ciò che stiamo facendo ci interessa? Certo, a patto di saper seguire i movimenti dei bulbi oculari.

A svelare queste innegabile valore correlato ai movimenti oculari è una ricerca apparsa su Plos One, condotta dagli esperti della Technische Universität di Dresda coordinati da Sebastian Pannasch. Stando ai risultati della ricerca, studiando il modo in cui una persona muove gli occhi mentre sta svolgendo un compito si possono avere indicazioni sul coinvolgimento del soggetto e sulle modalità di approccio al lavoro che si porta avanti.

Insomma: “a me gli occhi” potrebbe essere non solo una formula fortunata per cercare di cogliere aspetti psicologici, ma anche una vera e propria modalità di monitoraggio per chi sta svolgendo il proprio lavoro.

Tutto nasce, va detto, dall’impercettibile differenza del moto dei bulbi oculari in base alla situazione in cui recepiamo informazioni. Immaginiamo ad esempio di trovarci a fare un’escursione e quindi di esplorare visivamente un ambiente ampio e sconfinato. In qualche modo, in questa situazione, gli occhi si muovono in modalità “ambiente”. Si lavora su distanze quasi infinite per orientare lo sguardo, poi ci si concentra e si vanno ad evidenziare particolari.

E’ a questo punto che lo sguardo e i movimenti oculari si fanno più attenti, mirati. E quindi, è in questa fase che si possono analizzare i movimenti per coglierne ogni aspetto e provare a correlarli con l’attenzione e la messa a fuoco. Proprio questa è stata l’analisi che hanno fatto gli esperti tedeschi. Alle persone sottoposte al test si è infatti riproposto di passare da una visione più ampia ed aspecifica a concentrare lo sguardo su un aspetto ben preciso. E’ stato chiesto di valutare sul computer come assemblare un cubo di Rubik secondo un modello precostituito.

Poi si sono studiati i diversi movimenti oculari, osservando come questi si modificavano nel momento in cui si mettevano a fuoco le immagini per definire perfettamente la situazione.

Nell’ambito della psicologia del lavoro, questa modalità di studio dei movimenti degli occhi potrebbe essere di grande aiuto per comprendere quanto e come una persona riesca a fissare la propria concentrazione su quanto sta facendo. In questo senso, i ​​movimenti oculari potrebbero essere un indicatore dello stato di attenzione durante l’elaborazione dell’attività.

Ma non va sottovalutato anche il possibile riflesso di queste analisi in chiave di prevenzione professionale, con un’ottimale distribuzione del lavoro di fronte al videoterminale in base anche alla reattività della muscolatura dell’occhio.

Ciò che conta, in ogni caso, è capire che ci sono elementi da valutare con attenzione, come un eventuale nistagmo, ovvero il movimento incoordinato degli occhi che tendono a spostarsi senza controllo. Normalmente il nistagmo è il sistema attraverso cui si mette a fuoco un oggetto che compare improvvisamente. Ma se si presenta senza che sia necessaria questa funzione, e quindi in forma autonoma rispetto al controllo centrale, la situazione va indagata. Tra oftalmologia e medicina del lavoro, insomma, lo studio dei movimenti degli occhi può diventare uno strumento di grande utilità per favorire il benessere di chi lavora. E non solo.

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