Dal soffitto di cristallo al gap nelle materie Stem, parla Siliquini (Siti)/VIDEO

Siliquini
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Per la prima volta la presidenza della Società italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) è andata a una donna: Roberta Siliquini, ordinario di Igiene presso l’Università degli Studi di Torino. Dal soffitto di cristallo nella scienza, al gap nelle materie Stem, fino alla digitalizzazione e alla comunicazione: intervista a tutto campo alla presidente.

La sua elezione rappresenta un primato: lei è la prima donna a ricoprire questo incarico. Un’altra stanza in cui si rompe il soffitto di cristallo?

Il numero delle X nei miei cromosomi non è parte del mio curriculum, ma è genetica. Ultimamente sono molte le società scientifiche che vedono delle donne alla presidenza delle stesse. Penso sia perché ormai i curricula delle donne dell’area della medicina sono rilevanti e possono essere tranquillamente considerati a pari merito se non, in tanti casi, anche più elevati di quelli degli uomini. Ormai da qualche anno, soprattutto nelle scienze mediche, sono molto più le donne a laurearsi e a partecipare a quella platea di ricercatori che via via crescono e possono accedere a posizioni di leadership. Certo c’è ancora moltissimo da fare per rompere il tetto di cristallo. Qualche dato dice che, a fronte del 60% di laureate donne, oggi solo il 20% ha posizioni apicali. Credo però ci sia anche molto da fare nella cultura intrinseca al genere femminile. Siamo portate un po’ a nasconderci, a non alzare la mano, ad avere un’autostima non elevatissima. Mi piacerebbe davvero che il genere femminile fosse più attivo nel proporsi.

Cosa si può fare per favorire un maggiore interesse e partecipazione delle bambine e delle ragazze verso le materie Stem (science, technology, engineering and mathematics)?

Il numero di donne che si iscrivono a corsi di studio relativi alle materie Stem sta aumentando. Certamente l’ambiente culturale deve migliorare. Si deve abbandonare l’idea che una donna possa svolgere lavori che occupano solo una parte della propria vita. I lavori correlati alle scienze Stem sono a tempo pieno e impegnano molto. La cultura deve far capire che una donna può partecipare a una vita lavorativa anche dura e impegnativa allo stesso modo di un uomo. Naturalmente ciò può avvenire se il contesto sociale permette che le responsabilità familiari siano suddivise tra uomini e donne.

La pandemia ha fatto ri-assurgere agli onori della cronaca i concetti di prevenzione e sanità pubblica. Cosa serve a suo avviso per un cambio di mentalità nei cittadini e nei policy maker?

Mai come in questo momento la prevenzione è conditio sine qua non per la sopravvivenza del nostro Sistema sanitario nazionale. È tema all’ordine del giorno quello della carenza di risorse economiche e di tipo professionale che stiamo vivendo. Guerre, cambiamenti climatici, momento economico particolarmente difficile, crisi energetica…l’obiettivo unico perseguibile è quello di far ammalare meno le persone.

Purtroppo questo approccio è difficile sia dal punto di vista della popolazione che della politica. Infatti la spesa e l’investimento per la prevenzione hanno un ritorno economico straordinario, ma nel medio-lungo termine. Nei momenti di crisi economica ciò che poco lungimirantemente si cerca è il ritorno economico immediato.

Il ruolo di una società scientifica come la nostra deve essere quello di stimolare i decision maker a vedere questi aspetti da un punto di vista che non sia strettamente economico. E di invogliare la popolazione a farsi carico della propria responsabilità, perché la responsabilità della propria salute è assolutamente personale.

Quello della “One Health” è un tema a cui lei è particolarmente sensibile. Le cronache continuano a evidenziare che la salute del Pianeta è direttamente connessa con la salute di ogni essere umano. Secondo lei perché è una relazione ancora poco percepita dalla popolazione e dalla politica?

La One health è sulla bocca di tutti, ma forse in pochi ne conoscono il significato. Bisognerebbe conoscere molto bene le interconnessioni tra uomo, ambiente e animale. Bisognerebbe spiegare alla popolazione che, ad esempio, la comparsa di alcune patologie che noi non avevamo – come le patologie emergenti come il virus Zika, la febbre West Nile – è dovuta al fatto che alcuni insetti oggi si trovano molto bene alle nostre latitudini. Cosa che non si verificava qualche anno fa. Il cambiamento climatico ha delle ripercussioni sulla presenza di vettori di infezione nel nostro Paese. C’è poi il tema delle città sane. Che non significa solo ridurre l’inquinamento ambientale, ma anche costruire città a misura d’uomo che favoriscano pratiche salutari come il poter camminare invece che usare l’auto, trovare vicini tutti i servizi che occorrono nel quotidiano, avere prossimi loghi di socializzazione soprattutto per le persone più fragili e per gli anziani. Tutti questi elementi, se messi insieme, possono migliorare la qualità di vita e ridurre la probabilità di ammalarsi di patologie croniche.

Un’ultima battuta riguardo al web, ormai imprescindibile compagno di vita degli esseri umani. Come trarre vantaggio dalla sua pervasività per una comunicazione efficace sui temi di salute?

È vero che da noi i bambini quasi in culla hanno un device elettronico in mano, ma nel mondo esiste un digital divide molto forte che distingue tra le popolazioni che possono o non possono avere accesso all’informazione via internet. Il digital divide è molto importante anche dal punto di vista culturale, perché avere accesso alle informazioni non significa comprenderle appieno.

Spesso si accede all’informazione in modo superficiale, con un’incapacità di verificare le fonti. Tanto che si parla di infodemia. Affinché l’informazione possa diventare veramente utile, devono essere presenti almeno due condizioni. Una è la capacità di capire fino in fondo le informazione. Su questo siamo ancora molto indietro. L’altra condizione, anch’essa carente nel nostro Paese, è saper comunicare. Le istituzioni sono presenti sui social e sul web, ma con scarsissimo appealing. Bisogna lanciare messaggi che possano essere capiti dalle diverse fasce d’età e fasce culturali della popolazione.

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