Diagnostica, ecco quanto sono vecchie Tac e risonanze in Italia

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Vi fareste curare da un medico molto anziano? Se avete qualche dubbio, si rafforzeranno leggendo i dati presentati dall’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici in collaborazione con Sirm (Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica) e Aiic (Associazione Italiana Ingegneri Clinici). Chi affiderebbe infatti la propria salute ad apparecchiature di diagnostica vetuste? 

Grazie ai più recenti sviluppi della digitalizzazione in sanità – dall’intelligenza artificiale alla stampante 3D – il futuro della medicina prende forma. Ma è difficile se negli ospedali italiani si utilizzano strumenti obsoleti, non in linea con l’attuale livello di innovazione.

Nello specifico, sono quasi 37mila le apparecchiature di diagnostica per immagini non aggiornate tecnologicamente. Tra quelle più vecchie di 10 anni il 92% dei mammografi convenzionali, il 96% delle Tac (meno di 16 slice), il 91% dei sistemi radiografici fissi convenzionali, l’80,8% delle unità mobili radiografiche convenzionali, il 30,5% delle risonanze magnetiche chiuse (1-1,5 tesla).

Un aspetto interessante è che le differenze territoriali non sono così marcate. Contro il 90% dei mammografi convenzionali che hanno più di 10 anni del Sud, c’è infatti il 97% di quelli del Nord. Il ‘ritardo’, dunque, è generale.

“Nel corso degli anni il parco istallato – ha dichiarato Aniello Aliberti, presidente Elettromedicali e Servizi integrati di Confindustria dispositivi medici – ha certamente risentito di una serie di fattori come la limitatezza degli investimenti e dei finanziamenti dedicati alla sanità; l’assenza di attenzione all’innovazione nelle politiche pubbliche di acquisto; il permanere di livelli e logiche di rimborso delle prestazioni non incentivanti l’ammodernamento tecnologico. Questi fattori hanno contribuito al permanere di un quadro di significativa vetustà delle apparecchiature di diagnostica per immagini”.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto l’ammodernamento del parco tecnologico con la sostituzione di 3.133 apparecchiature installate da oltre cinque anni. “Le risorse del Pnrr non appaiono, però, completamente sufficienti a sopperire alle criticità emerse dallo studio”, ha detto Antonio Orlacchio di Sirm.

“Si prevede serviranno altre risorse per mettere il sistema sanitario e i radiologi in condizione di operare al meglio. Non serviranno però solo nuove apparecchiature. C’è bisogno di un adeguato reclutamento e valorizzazione economica dei radiologi, del personale tecnico e infermieristico per assicurare il più efficace e completo funzionamento dei nuovi strumenti”.

Secondo Giovani Guizzetti di Aiic, la disponibilità di dati completi sulle grandi apparecchiature diagnostiche permetterà alla fine del 2024 di valutare proprio l’impatto della Mission 5 del Pnrr. “Rimangono aperte due questioni fondamentali: l’obsolescenza di un’apparecchiatura comporta automaticamente la necessità di una sua sostituzione? E quando un’apparecchiatura può essere definita obsoleta?

“È evidente che un piano di sostituzione basato solo sull’età anagrafica dell’apparecchiatura, senza prevedere quale uso se ne faccia, in termini di quali e quante prestazioni, sia a forte rischio di inappropriatezza”, ha affermato Guizzetti. “L’obiettivo che ci dobbiamo porre, dunque, è di arrivare ad una condivisione, tra aziende produttrici/distributrici, utilizzatori ed esperti di tecnologia, di criteri che individuino quale complessità tecnologica sia davvero necessaria per produrre una determinata prestazione e quante prestazioni rendano appropriata la disponibilità di una grande apparecchiatura”.

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