Menarini cresce e guarda a Usa, Giappone e Brasile

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Tra Covid-19, guerra in Ucraina e crisi dell’energia, il 2022 non è stato un anno facile per le imprese. Ma, a guardare i numeri diffusi da Menarini nel corso di un incontro a Firenze con la stampa di settore, non si direbbe.

Con un fatturato da 4,154 miliardi di euro (+6% rispetto al 2021), un Ebidta da circa 400 mln (il margine si è ridotto rispetto allo scorso anno) e 17.800 dipendenti, il gruppo farmaceutico italiano presente in 140 Paesi cresce anche nella produzione.

E mentre guarda con orgoglio ai risultati raggiunti negli Stati Uniti (dove la Fda ha appena autorizzato un trattamento orale first in class contro il tumore al seno metastatico), l’intenzione è quella di crescere ancora, in Paesi dove è già presente – come la Cina, dove nel 2022 il fatturato è stato di 200 mln – ma anche là dove la ‘bandierina Menarini’ manca ancora, come Giappone e Brasile. 

Un miliardo di blister

“Nel 2022 sono state prodotte 577 mln di confezioni. E abbiamo superato 1 miliardo di blister“, scandisce Lucia Aleotti, azionista e membro del Board di Menarini. “Numeri importanti, considerato anche che in questi 4 anni abbiamo navigato in acque turbolente. Ma non ci siamo mai fermati, e nel periodo più duro della pandemia siamo riusciti a fare un’acquisizione importante, quella della biofarmaceutica Stemline“.

Un’operazione “fatta in smartworking, da remoto”, ricorda con un sorriso il presidente, Eric Cornut, che ha segnato di fatto l’ingresso di Menarini negli Stati Uniti. 

“Questo è un momento storico per la nostra azienda e per la famiglia – continua Aleotti – Siamo cresciuti con l’idea che gli Stati Uniti fossero l’obiettivo, ma anche che l’intenzione era di arrivare solo quando si è pronti. Servivano nuove competenze, perchè la sfida è globale”.

Un potenziale Blockbuster

Proprio dalla ricerca Stemline arriva “un potenziale blockbuster” per Menarini, sottolinea Aleotti, ovvero un farmaco che potrebbe generare più di 1 mld di dollari di vendite. Si tratta di Orserdu*, autorizzato poche settimane fa con procedura accelerata dalla Fda americana per il trattamento di donne con tumore al seno avanzato o metastatico, con mutazioni di ESR1, che presentano una progressione della malattia dopo almeno una linea di terapia endocrina.

“Si tratta della prima terapia in assoluto per i pazienti affetti da carcinoma mammario ER+/HER2- avanzato o metastatico con mutazioni di ESR1 – evidenzia Elcin Barker Ergun, amministratore delegato del Gruppo Menarini – Non solo: il nostro è il primo farmaco per il cancro di un’azienda italiana approvato negli Stati Uniti dal 1990. Siamo molto orgogliosi di poter offrire una terapia target che possa soddisfare un elevato bisogno terapeutico irrisolto”.

Un’azienda sempre più rosa che punta sulla ricerca

Aleotti sottolinea anche come sia aumentato l’investimento in R&S: 417 mln nel 2022, l’11% del fatturato. E come il 49,5% dei dipendenti Menarini sia donna. “Nel prossimo anno ci sarà la parità, poi dovremo pensare alle quote azzurre”, scherza l’azionista.

“E’ bello, ma è anche una necessità – le fa eco Cornut – Le laureate nelle discipline di nostro interesse sono ormai la maggioranza e le decisioni sulla salute le predono le donne. La diversity è un imperativo strategico se si vuole avere successo”.

Uno sguardo al futuro

Nel 2022 l’azienda ha fatto i conti con alcune scadenze di brevetto. “Anche nel 2023 le avremo, ma c’è ottimismo – sottolinea Aleotti – per via degli investimenti importanti fatti in ricerca. Ritengo però sia dovere degli imprenditori evidenziare anche le criticità, e una è quella della supply chain”. Abbiamo visto tutti le difficoltà con le materie prime negli scorsi mesi. “Un Paese sovrano è un Paese libero”, ragiona l’azionista Menarini, assicurando l’impegno a riportare in Italia una parte della produzione chimica e farmaceutica.

Ma occorre fare di più. Il fatto che l’Europa dipenda per oltre il 70% delle forniture del pharma da India e Cina la rende ‘fragile‘ nell’attuale scenario geopolitico, nota Aleotti. E tutto questo mentre “nella farmaceutica a livello Europeo l’Italia ha una posizione di forza, ma forse una visione ristretta – riflette Cornut – Dobbiamo guardare alla filiera, alla ricerca, alle università: si tratta di un asset strategico per il Paese, che va potenziato”.

Lucia e Alberto Giovanni Aleotti
Lucia e Alberto Giovanni Aleotti, azionisti e membri del Board Menarini

Il ruolo dell’Italia

Insomma, in casa Menarini c’è la convinzione che “l’Italia possa essere elemento di traino per la politica europea: ha i numeri per essere il primo hub farmaceutico d’Europa“, sottolinea Aleotti.

Menarini è un’azienda fondata nel 1886, dal 1915 ha sede a Firenze e ha un forte legame con il territorio. Come spesso accade in Italia, è anche un’azienda ‘di famiglia’. La famiglia  però negli anni si è aperta: ha puntato “sulla competenza”, come nota Lucia Aleotti, affidandosi a un presidente e una Ceo venuti dall’estero, ma il legame con le radici resta.

“Il 4 marzo – ricorda l’imprenditrice – è il centenario della nascita di papà: dedichiamo a lui i risultati ottenuti negli Stati Uniti. Ci ha insegnato che nessuno fa le cose da solo e ci ha detto di scegliere persone migliori di noi: non ci faranno ombra, ma ci daranno luce”.

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