Influenza aviaria, lo studio italiano sullo spillover

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Mentre il caso degli oltre 700 leoni marini trovati morti nelle aree protette di tutto il Perù alimenta l’allarme legato all’influenza aviaria, a preoccupare gli esperti è la possibilità che il virus muti e ‘impari’ a trasmettersi da uomo a uomo.

Ebbene, la buona notizia è che lo spillover, ovvero la capacità di infettare, riprodursi e trasmettersi all’interno della specie umana, per il virus H5N1 non c’è ancora stato. Almeno nel caso di un papà e della sua bambina di 11 anni, morta a causa del virus in Cambogia.

A dircelo è uno studio italiano, firmato da un team di ricercatori fra i quali Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma e Fabio Scarpa dell’Università di Sassari, in pubblicazione su ‘Pathogens and Global Health’.

La ricerca

A segnalare il caso del papà e della bambina sono state le autorità cambogiane. Mentre il padre appariva asintomatico, la figlia è morta in ospedale. “Abbiamo analizzato la composizione genetica dei geni sequenziati, scoprendo che i due ceppi che hanno infettato padre e figlia sono quasi identici. I risultati – spiega Ciccozzi a Fortune Italia – ci dicono che i due si sono infettati dalla stessa fonte. L’Rna è fatto da 8 segmenti, e i principali, che sono Na e Ha, sono identici”.

Questo, insieme ad altri elementi descritti nello studio, ci dice che “la fonte di infezione è stata comune”, aggiunge Ciccozzi. “In caso di trasmissione interumana, inoltre, avremmo visto tantissimi casi nella stessa zona”.

Il virus dei leoni marini

Quanto al caso dei leoni marini infettati dall’influenza aviaria, “si tratta di un clade diverso – dice Ciccozzi – Diciamo che, rispetto al virus che ha contagiato queste due persone in Cambogia, il patogeno dei leoni marini appartiene a un ramo distante dell’albero filogenetico, specializzatosi nel contagiare i mammiferi”.

In ogni caso Ciccozzi punta ad esaminare anche il virus dei leoni marini, per fare chiarezza sull’infezione.

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