Influenza aviaria e rischi di una nuova pandemia

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Non bastavano Covid-19 (in ritirata) e influenza. Ultimamente si torna a parlare dell’influenza aviaria da virus H5N1. Ma rischiamo davvero una nuova pandemia, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità non ha ancora dichiarato il cessato allarme Covid?

A rispondere sono i medici anti-bufale di Dottoremaeveroche.it, il portale contro le fake news della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici), in una scheda firmata da Roberta Villa, giornalista e divulgatrice laureata in medicina.

Un po’ di storia

Al centro delle preoccupazioni c’è un virus influenzale noto dal 1996, quando è stato individuato in un allevamento di oche in Cina, poi incluso tra quelli ad alta patogenicità, insidiosi per gli uccelli selvatici e da allevamento. Nel 2004 emerse il genotipo Z, che determinò una vastissima epidemia con una letalità che sfiorava nei polli il 100%. Dagli allevamenti di pollame del sud est asiatico, soprattutto in Thailandia e Vietnam, si diffuse fino in Indonesia, Cina, Sud Corea e Giappone e passò ad altri tipi di uccelli acquatici, selvatici e da cortile. Portato dagli uccelli migratori, si diffuse in tutto il mondo.

Da allora si segnalarono i primi casi negli esseri umani, ma solo in persone che vivevano in contesti rurali a stretto contatto con gli animali da cortile, in condizioni igieniche precarie. Più della metà di loro ha perso la vita per gravi polmoniti emorragiche o che provocavano comunque gravi danni alla respirazione, anche se è possibile che casi meno gravi non siano stati riconosciuti.

“Anche così un’eventuale pandemia da influenza aviaria H5N1 negli esseri umani potrebbe comunque avere un impatto molto maggiore rispetto a quello causato da Covid-19. Per questo, per non farsi trovare impreparati, da quasi vent’anni si studia l’aviaria come possibile fonte di minaccia pandemica”, precisano i dottori anti-bufale.

L’impatto economico

Il fatto che fino a poco tempo fa il virus influenzale H5N1 non sembrasse in grado di infettare le alte vie aeree dei mammiferi e non riuscisse quindi a trasmettersi tra di loro con altrettanta facilità che negli uccelli teneva l’aviaria tra le possibili, ma non imminenti, cause di pandemia. Ma attenzione al peso economico: ogni epidemia nel pollame portava alla morte di milioni di animali mettendo in difficoltà le popolazioni che da questi dipendono in larga parte per il loro reddito o apporto proteico.

Da quando, nel 2020, la circolazione del virus ha avuto un’accelerazione e l’aviaria si è diffusa negli allevamenti di tutto il mondo provocando la morte di almeno 150 milioni di polli, le conseguenze economiche sono state gravissime anche su mercati collegati a quelli della carne. Per dire, il costo delle uova negli Stati Uniti a dicembre era più che raddoppiato rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, forse anche grazie a qualche speculatore che ha cercato di trarre profitto dal momento di grave crisi del settore.

La nuova variante olandese

Oltretutto in Olanda nel 2020 è comparsa la variante 2.3.4.4b del virus H5N1. Il cambiamento più preoccupante portato dalla nuova variante sembra essere quello che ha reso il virus capace di trasmettersi ai mammiferi. Il salto di specie noto come “spillover” deve essersi verificato più volte e in varie parti del mondo, perché nel corso degli ultimi mesi sono stati individuati casi di influenza da virus H5N1 in molti animali terrestri come volpi, gatti, furetti e in cetacei come delfini e leoni marini nei diversi continenti.

Negli orsi bruni e nelle foche l’infezione ha provocato anche sintomi di tipo neurologico. I casi sono così distanti tra loro da non potersi essere contagiati a vicenda, ma tutti probabilmente hanno contratto il virus da uccelli selvatici ancora asintomatici, malati o morti.

Spillover

Si sono verificati casi di influenza aviaria anche tra gli esseri umani, dicono i dottori anti-bufale, ma con un numero di morti inferiore alle attese. Il che fa sperare in una ridotta letalità di questa nuova variante rispetto al 50% o più riportato in letteratura.

Recentemente, poi, la segnalazione di un’epidemia di influenza aviaria H5N1 in un allevamento di visoni da pelliccia nella regione spagnola della Galizia, ha portato all’abbattimento di oltre 50.000 capi. In ogni caso, per la prima volta, sembra che il virus abbia acquisito mutazioni che lo rendono capace di trasmettersi con facilità tra mammiferi, cosa che fino a oggi non era mai riuscito a fare.

Rischio per ora basso ma…

Ma allora esiste davvero il pericolo di una nuova pandemia? “Come ha precisato il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità l’8 febbraio, il rischio per gli esseri umani al momento è basso, ma non si può garantire che resti tale”, rispondono i dottori anti-bufale. “Senza lanciare allarmi o diffondere paura, sarebbe comunque opportuno fare il possibile per non farsi trovare impreparati”. 

Ma in che modo? Occorre “che i governi rinforzino la sorveglianza in tutti i contesti in cui gli esseri umani vengono a contatto con animali selvatici o da allevamento, mentre ai cittadini si raccomanda di non avvicinarsi né tanto meno toccare eventuali uccelli morti o pollame sofferente nel cortile di casa. Nessun timore invece, almeno per il momento, ad acquistare prodotti avicoli, data l’intensità e il rigore dei controlli veterinari effettuati nelle aziende”.

Per il momento, è bene ripeterlo, non è ancora stata dimostrata la capacità di questo virus di trasmettersi tra gli esseri umani, e i casi segnalati nella nostra specie sono del tutto sporadici.

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