Influenza aviaria, perchè preoccupa gli esperti

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Polli, tacchini, ma anche gabbiani (sul Lago di Garda) e aquile calve (negli Stati Uniti). Il virus dellinfluenza aviaria H5N1 preoccupa gli specialisti.

Un centinaio di carcasse di gabbiani trovate nei giorni scorsi sul Lago di Garda hanno messo in allerta gli esperti dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, mentre uno studio dell’Università della Georgia su Scientific Reports sottolinea l’impatto dell’influenza aviaria sulla rapida riduzione di questo volatile simbolo degli Usa.

Intanto, qualche giorno fa, le autorità cambogiane hanno segnalato due casi umani di influenza aviaria, un papà e la sua bambina di 11 anni, morta a causa del virus, mentre in Cina un uomo e una donna sarebbero stati contagiati. Ma il virus ha imparato a passare da uomo a uomo, e dobbiamo davvero temere una nuova pandemia?

L’importanza della sorveglianza genomica

“Senza fare terrorismo, è importante non sottovalutare la situazione”, dice a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma. “Occorre attivare una sorveglianza genomica attenta. Quello dell’influenza aviaria è un virus a Rna dotato di un genoma segmentato: oltre alla mutazione può avvenire il riassortimento, ovvero lo scambio di segmenti genici” con un altro virus a Rna.

Gli allevamenti intensivi

Ma dove si può contrarre l’influenza aviaria? “In Italia i mammiferi non sono stati contagiati, ma in Europa sì e questo è dovuto alla presenza degli allevamenti intensivi – dice Ciccozzi – In Oriente ci sono stati casi nell’uomo, ma non è stato ancora accertata la trasmissione interumana. In ogni caso, questo virus potrebbe fare mutazioni in due segmenti importanti – Na e Ha – che possono nel tempo favorire la trasmissione interumana”.

Non sono solo gli allevamenti intensivi di pollame gli hotspot da tenere d’occhio. Il maiale, ad esempio, può contrarre sia l’influenza aviaria che quella umana: “In questi casi il virus aviario potrebbero subire un riassortimento a livello delle prime vie respiratorie e diventare capace di trasmettersi all’uomo“, continua l’epidemiologo.

Il mix tra influenza aviaria e umana

Ecco allora che è fondamentale “mantenere un’attenta sorviglianza genomica, in particolare negli allevamenti intensivi”, ribadisce Ciccozzi. Il rischio di riassortimento c’è anche per le persone che lavorano a stretto contatto con gli animali negli allevamenti.

“Ecco anche perchè – continua – tanti sottolineano l’importanza della vaccinazione contro l’influenza umana: è un modo per ridurre i rischi di riassortimento. Chi lavora in questi ambienti, dagli allevatori, ai macellatori ai veterinari, potrebbe infettarsi con influenza umana e aviaria. E i due virus a Rna potrebbero riassortire”.

Più il virus circola più muta

L’abbiamo visto anche con Covid-19: più intensamente il virus circola, “più fa mutazioni. Noi dobbiamo impedirlo, e l’allevamento intensivo rappresenta un luogo a rischio da questo punto di vista”.

Il team di Ciccozzi sta studiando il virus di influenza aviaria che ha colpito la bimba in Cambogia, confrontandolo con il ceppo del 2004, per capire cosa è cambiato a livello dei due segmenti ‘chiave’ (Ha ed Na).

Ma abbiamo armi contro questo virus? “Esistono due farmaci antivirali efficaci, ma vanno dati entro 48 ore dall’infezione. Quanto alla sorveglianza genomica, i nostri Zooprofilattici sono fortissimi. Ma è bene combinare quella negli animali con quella di chi lavora negli allevamenti. Non è difficile, basta fare il tampone”, conclude Ciccozzi.

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