Alzheimer, dati su farmaco sperimentale fanno salire le azioni Lilly

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Sono positivi i nuovi dati sull’anti-Alzheimer sperimentale ‘targato’ Eli Lilly. L’anticorpo monoclonale donanemab, uno dei farmaci innovativi più attesi dell’anno, ha rallentato la malattia del 35% in uno studio condotto su 1.182 pazienti con sindrome di Alzheimer in fase iniziale.

Risultati molto attesi e promettenti, anche se preliminari, contro una malattia destinata a esplodere nei prossimi anni, complice l’invecchiamento della popolazione. Così non stupisce troppo che le azioni di Lilly abbiamo fatto un balzo di oltre il 4% negli scambi pre-market.

Il trial

Dobbiamo dire che siamo alle ultime fasi della sperimentazione: i dati arrivano da uno studio di fase III che ha raggiunto il suo endpoint primario. La terapia sperimentale rallenta significativamente il declino cognitivo e funzionale dei pazienti rispetto al placebo. “Questo – ha detto Daniel Skovronsky, Chief scientific and medical officer – è il primo studio di fase III di qualsiasi farmaco sperimentale per l’Alzheimer a fornire un rallentamento del 35% del declino clinico e funzionale“.

Anche tutti gli endpoint secondari relativi al declino cognitivo e funzionale sono stati raggiunti e hanno mostrato “benefici clinici altamente statisticamente significativi”, ha sottolineato l’azienda. Tanto che Eli Lilly prevede di richiedere l’approvazione di donanemab negli Stati Uniti in questo trimestre.

Promettente in fase iniziale

L’anticorpo, che ha come bersaglio una forma modificata di placca beta amiloide, viene sommonistrato con un’infusione mensile. Se approvato, donanemab si unirà sul mercato al lecanemab (di Biogen e Eisai), farmaco che ha ottenuto l’approvazione accelerata all’inizio dell’anno.

L’infusione mensile ha anche ridotto significativamente la placca cerebrale associata al morbo di Alzheimer.

L’analisi dei dati del trial di fase III fa pensare che a beneficiare maggiormente della terapia sviluppata in casa Eli Lilly potrebbero essere, ancora una volta, i pazienti in fase iniziale. Come ha detto Mark Mintun, vicepresidente del gruppo di ricerca e sviluppo di neuroscienze di Eli Lilly, “questi risultati suggeriscono che le persone nella fase iniziale della malattia potrebbero essere le più reattive alle terapie mirate all’amiloide”. Diventa dunque di vitale importanza la questione della diagnosi precoce.

Gli effetti indesiderati

“Siamo incoraggiati dai potenziali benefici clinici che donanemab può fornire sebbene, come molti trattamenti efficaci per malattie debilitanti e mortali, ci siano dei rischi associati” al trattamento “che possono essere gravi”, ha ammonito Mintun. Resta aperta, dunque, la questione degli effetti indesiderati. Donanemab comporta infatti un rischio di edema e di sanguinamento cerebrale, che in rari casi può essere grave e persino fatale.

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