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Bronchiolite, dopo Covid casi più gravi. Ecco perchè

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Numerosi esperti hanno acceso i riflettori sui rischi legati al virus respiratorio sinciziale, causa di bronchiolite nei bambini. Una patologia esplosa lo scorso inverno, tanto da mettere in difficoltà diverse strutture sanitarie italiane. Ebbene, sembra proprio che a provocare casi più gravi di bronchiolite nei piccolissimi pazienti siano delle nuove varianti del virus respiratorio sinciziale (Rsv), diffuse dopo i mesi più caldi di Covid-19.

Il dato emerge da un recente studio pubblicato sul ‘Journal of Infection’, e aiuta a fare chiarezza su un fenomeno che, almeno nell’emisfero Sud, si è riproposto anche quest’anno. Può essere utile ricordare che nel 2020 il virus respiratorio sinciziale è stato praticamente assente, mentre la bronchiolite nel 2021 è ‘esplosa’. Ma a preoccupare sono stati i casi verificatisi nell’inverno successivo.

Virus respiratori record nei bimbi, ospedali in affanno

Il virus respiratorio sinciziale

Questo virus si trasmette per via aerea attraverso le mucose di naso bocca e occhi. Si può contrarre l’infezione anche strofinandosi con le mani occhi o naso. Ma è l’età del paziente a fare la differenza: in genere i sintomi più gravi si manifestano al di sotto dei due anni.

La bronchiolite, spesso associata all’infezione da Rsv, può causare insufficienza respiratoria soprattutto nei bambini con meno di un anno. È importante riuscire a comprendere perché alcuni  sviluppino forme cliniche molto gravi e tali da richiedere l’ospedalizzazione e il ricovero in terapia intensiva.

La ricerca sulle varianti

Uno studio firmato dai ricercatori della Sapienza in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità ha esaminato le varianti genetiche del virus emerse nel periodo post-pandemico, associate a forme di bronchiolite particolarmente gravi nei bambini.

Un lavoro importante, perchè individuare i ceppi che provocano un’infezione severa è fondamentale per una migliore gestione clinica e terapeutica dei piccoli pazienti e per l’utilizzo mirato delle terapie già disponibili o attese a breve, come anticorpi monoclonali e vaccini anti-Rsv.

Il team ha analizzato i casi ospedalizzati per bronchiolite presso i reparti del Dipartimento Materno Infantile del Policlinico Umberto I di Roma nelle stagioni pre-pandemiche, durante e dopo la pandemia, utilizzando i dati della piattaforma di sorveglianza RespiVirNet dell’Iss.

I risultati

Nell’autunno 2021 i ricoveri per bronchiolite da Vrs sono stati quasi il doppio rispetto ai periodi pre-Covid, “probabilmente – dicono i ricercatori – per effetto dell’allentamento delle misure di contenimento del virus”. La malattia è stata causata principalmente da ceppi del sottotipo A, che circolavano anche prima della pandemia e la gravità è stata simile a quella delle stagioni precedenti.

I ricoveri per bronchiolite del 2022-2023, in numero simile all’anno precedente, sono stati invece principalmente causati da nuove varianti genetiche di Rsv sottotipo B. Varianti associate, secondo lo studio, a una maggiore severità della malattia se confrontata a quella delle stagioni precedenti, soprattutto per l’elevata necessità di supporto respiratorio e di ricovero in terapia intensiva.

Come ha ricordato Guido Antonelli della Sapienza, il team ha analizzato le ultime sei stagioni invernali dal 2018-2019 al 2022-2023. “In tutti i bambini ricoverati, è stata eseguita la caratterizzazione molecolare e il sequenziamento del ceppo di Rsv e una analisi statistica dettagliata dei dati demografici e clinici associati a un maggiore rischio di forme gravi di bronchiolite”.

L’ipotesi del debito immunitario

Lo studio aggiunge nuovi elementi alla comprensione dei meccanismi patogenetici associati alle varianti di Rsv circolanti nel periodo post-pandemico, spiegano Alessandra Pierangeli e Carolina Scagnolari, coordinatrici della ricerca condotta con il gruppo di pediatri diretti da Fabio Midulla e il coordinamento del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità diretto da Anna Teresa Palamara.

“Sembra che la maggiore severità della patologia e l’aumento degli ingressi in terapia intensiva riscontrato nei casi di virus respiratorio sinciziale sottotipo B, nel 2022-2023 non sono spiegabili solo dal debito immunitario associato ai periodi di lockdown”, concludono Pierangeli e Scagnolari. 

Prevedere l’intensità della stagione in arrivo

Per la direttrice del Dipartimento Malattie infettive dell’Iss occorre “rafforzare la sorveglianza epidemiologica a livello nazionale” per il virus respiratorio sinciziale e per gli altri virus respiratori circolanti soprattutto nei mesi invernali.

“Attraverso dati come quelli evidenziati da questo studio – conclude Palamara – è possibile prevedere l’intensità dei picchi stagionali di casi di bronchiolite allo scopo di razionalizzare le risorse sanitarie”. Considerato il recente monito del presidente dell’Aifa Agenzia italiana del farmaco Giorgio Palù“il virus respiratorio sinciziale è peggio di Covid-19” – queste informazioni possono aiutare anche le strutture sanitarie a fronteggiare al meglio le ondate di bronchiolite.

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