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Covid: Pirola in Italia, cosa ci dice la prima analisi genetica

Pirola Covid
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Dopo essere arrivata in Italia, la variante Covid Pirola (BA.2.86) inizia a svelare i suoi segreti. Dall’analisi condotta sulla prima sequenza individuata a Brescia in un uomo di 72 anni dal team di Arnaldo Caruso (Università di Brescia), presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), arrivano dei dati molto interessanti.

“La sequenza italiana appare filogeneticamente collegata ad alcuni campioni isolati in Gran Bretagna. E le analisi ci dicono che in effetti, come sospettavamo, potrebbe sfuggire ai tamponi antigenici rapidi”, dice a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, che firma insieme a Caruso un nuovo studio realizzato in tempo record e accettato per la pubblicazione dal ‘Journal of Medical Virology’.

Covid: la variante Pirola è arrivata in Italia. Ecco dove

Il nuovo studio

Il lavoro ha messo sotto il microscopio la prima sequenza di questa variante Covid scoperta nel nostro Paese, in un paziente fragile. A firmare lo studio, oltre a Ciccozzi e Caruso, Francesca Caccuri e Serena Messali dell’Università di Brescia, Fabio Scarpa dell’Università di Sassari e Marta Giovannetti, dell’Instituto Rene Rachou, Fundação Oswaldo Cruz, Minas Gerais (Brasile).

“Pirola va attenzionata – continua Ciccozzi – perchè ha una mutazione che ricorda la vecchia Delta. Inoltre questa variante Covid potrebbe sfuggire al tampone rapido a causa delle tante mutazioni sulla Proteina N. Ma sul fronte dei test negativi in persone con sintomi sospetti, c’è da tener conto anche del fatto che la negatività potrebbe essere legata a errori di esecuzione (nel caso dei test fai da te), o nella temporalità: occorrono alcuni giorni perchè la carica virale sia rilevabile”.

La mutazione che preoccupa i ricercatori

Pirola ha oltre 30 mutazioni, ma ce n’è una che ha colpito gli scienziati: è la mutazione E484K, trovata in BA.2.86 e BA.2.86.1 (la sequenza italiana), e situata all’interno del legame del recettore (RBD). “In precedenza ha attirato l’attenzione grazie alla sua associazione con vari aspetti significativi. In particolare, la mutazione E484K è stata rilevata in più varianti Covid, come il ceppo B.1.351 del Sudafrica e il ceppo P.1 del Brasile”, scrivono i ricercatori italiani nel lavoro.

Le varianti che portano questa mutazione “sembrano mostrare una maggiore capacità di sfuggire al sistema immunitario e agli anticorpi generati da precedenti infezioni o vaccinazioni. Questo implica che i virus con la mutazione E484K potrebbero possedere un potenziale maggiore” in termini di contagiosità, puntualizza Ciccozzi.

Non solo. Sono documentate reinfezioni che coinvolgono varianti con la mutazione E484K, e questo ha intensificato le indagini sull’immunità duratura dopo una infezione. “Insomma, l’analisi genetica – sintetizza Ciccozzi – conferma che questa mutazione, e dunque questa variante Covid, va monitorata“.

Le raccomandazioni

“Attualmente, nonostante l’identificazione di mutazioni puntiformi specifiche, non ci sono prove sostanziali per classificare BA.2.86 e i suoi discendenti come varianti altamente preoccupanti. In effetti, la presenza prolungata di Pirola contrasta con il consueto trend delle varianti potenzialmente pericolose, che in genere vengono identificate rapidamente”, scrivono gli autori.

L’emergere di nuove mutazioni nelle varianti “è un evento standard, che facilita l’adattamento del virus al suo ospite. Tuttavia, questo non porta invariabilmente ad un aumento della virulenza o della fitness del virus”, aggiungono gli scienziati.

No allarmismo

Insomma, occorre essere attenti, ma senza allarmismo: “Una lezione chiave della pandemia sottolinea l’importanza di una sorveglianza genomica sostenuta, cruciale nell’anticipare  potenziali ondate epidemiche”, affermano i ricercatori, convinti dell’importanza di un monitoraggio attento dell’evoluzione del virus di Covid-19. 

Proprio “il monitoraggio continuo delle nuove mutazioni rimane cruciale per plasmare il futuro della pandemia – conclude il gruppo di Ciccozzi e Caruso – e per guidare lo sviluppo di strategie mirate”. Insomma, se non vogliamo limitarci a subire il comportamento di Sars-Cov-2, occorre tenere gli occhi aperti.

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