Ecco come l’AI accelererà la ricerca sui farmaci

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Avete presente le pellicole scientifiche della metà del secolo scorso? Il ricercatore, chino sul microscopio, passa intere giornate a cercare di capire cosa accade inserendo sul vetrino con le cellule su cui occorre agire, passo dopo passo, un principio attivo diverso. E poi, in un grande deposito, ci sono migliaia e migliaia di composti chimici che potrebbero diventare appunto un medicinale per il futuro.

A vedere cosa accade oggi e come l’AI consentirà di fare uno screening rapidissimo, quasi viene un pizzico di tenerezza nel rivedere ciò che ci ha portato a ottenere tanti risultati nei decenni scorsi. Ma attenzione: rendiamoci conto che la ricerca va avanti a passi semplicemente impensabili qualche tempo fa. Ed è il progresso della scienza a guidare questa situazione, con l’aumento delle conoscenze genetiche, biologiche e molecolari e soprattutto con l’opportunità di partire dal target per individuare milioni e milioni di potenziali molecole attive.

Con l’Intelligenza Artificiale che diventa lo strumento per amplificare il numero dei potenziali composti delle “library” di un tempo. Ora addirittura, in questo senso, si scopre che questa strategia può diventare davvero “Game Changer”. E sbiellare completamente le dinamiche che portano all’individuazione di una ristretta rosa di candidati farmaci, agevolando il processo ad imbuto che un tempo passava appunto attraverso le scene sopradescritte.

Pensate: potenziando lo screening virtuale con l’apprendimento automatico si potrebbe ottenere la riduzione di ben dieci volte del tempo necessario ad elaborare 1,56 miliardi di molecole, del tutto simili a farmaci. Cifre che nemmeno si riescono ad immaginare. Eppure sono riusciti a tanto gli studiosi dell’Università della Finlandia orientale, che riportano gli esiti della loro indagine sul ‘Journal of Chemical Information and Modeling’.

A coordinare lo studio, che ha visto partecipare anche centri privati e strutture di ricerca, oltre ovviamente la struttura che ospita i potenti supercomputer finlandesi (il CSC – IT Center for Science Ltd) sono stati studiosi del gruppo di Antti Poso, come Ina Pöhner. 

A prescindere dall’impatto emotivo, oltre che scientifico, di poter valutare un numero quasi infinito di potenziali candidati farmaci in pochissimo tempo, scremando e selezionando fino a giungere a prototipi mirati per l’obiettivo, lo studio è una sorta di rappresentazione plastica dei modelli di ricerca attuali.

E soprattutto,  dimostra che l’impiego di strumenti informatici più rapidi grazie all’AI potrebbe diventare il modo per accelerare drammaticamente le ricerche. Nello studio, si legge in una nota, prima di applicare l’intelligenza artificiale per accelerare lo screening, i ricercatori hanno innanzitutto stabilito una linea di base: in una campagna di screening virtuale di dimensioni senza precedenti, 1,56 miliardi di molecole simili a farmaci sono state valutate rispetto a due obiettivi farmacologicamente rilevanti per quasi sei mesi con l’aiuto dei supercomputer Mahti e Puhti e l’aggancio molecolare.

Il docking è una tecnica computazionale che inserisce le piccole molecole in una regione legante del bersaglio e calcola un “punteggio di docking” per esprimere quanto bene si adattano. In questo modo, sono stati innanzitutto determinati i punteggi di docking per tutti gli 1,56 miliardi di molecole. Successivamente, i risultati sono stati confrontati con uno schermo potenziato dall’apprendimento automatico utilizzando HASTEN, uno strumento sviluppato da Tuomo Kalliokoski di Orion Pharma.

Risultato: con solo l’1% dell’intera libreria agganciata e utilizzata come dati di training, lo strumentodi AI ha identificato correttamente il 90% dei composti con il punteggio migliore in meno di dieci giorni. Il docking, insomma, può aiutare per il futuro. 

Attenzione: tutto questo non significa cercare scorciatoie. Ma certo è che in futuro, grazie all’impiego delle tecniche di intelligenza  artificiale, si potranno accelerare ulteriormente i passaggi che portano alla disponibilità di una terapia.

Perchè questi strumenti consentono di testare un numero quasi illimitato di varianti proteiche e di potenziali interazioni farmacologiche e di capire quale molecole possa legarsi di più alla proteina in questione e quali meccanismi di interazione si possano creare.

Si può solo migliorare. Il futuro è già iniziato. Sapendo che avremo bisogno prima del target, poi della scelta del principio attivo da portare avanti tra i tanti candidati, per giungere al disegno della molecola che va ad intercettare il bersaglio. Prima si fa, è ovvio, e meglio è. 

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