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Un dolore che non passa, tra costi sanitari e sociali

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Non trovare sollievo. È dura vivere con una sofferenza che non passa, una realtà quotidiana per due italiani over 18 su dieci, afflitti da dolore cronico. Un problema per quasi 10 milioni di connazionali, dai costi esorbitanti, che in gran parte gli italiani pagano di tasca propria. E non pensiamo solo ai farmaci per ‘spegnere’ la sofferenza. L’identikit del fenomeno arriva dal 1° Rapporto Censis-Grünenthal ‘Vivere senza dolore’. Vediamolo

Sono 9,8 milioni gli italiani, di tutte le età, che soffrono di dolore cronico di intensità moderata o severa. Un dato che oscilla tra il 14,7% dei giovani, il 21,1% degli adulti e il 20,9% degli anziani. Il dolore cronico, però, è donna: affligge il 21,2% delle connazionali (rispetto al 18,1% degli uomini).

Questione di costi

Quasi 62 miliardi l’anno: a tanto ammontano i costi sociali del dolore cronico, considerando l’insieme delle spese a carico dei malati, il costo delle prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale, la mancata produttività dei pazienti, i servizi di assistenza e tutto il resto. La stima è di 6.304 euro in media all’anno per paziente, di cui 1.838 euro di costi diretti e 4.466 euro indiretti, i primi in capo ai pazienti per 646 euro e 1.192 euro ricadono sul Servizio sanitario nazionale. Spese private che pesano molto o abbastanza sui budget familiari del 76,0% delle persone con redditi bassi e del 48,3% delle persone più abbienti.

Il dolore cambia la vita

Per il 67,8% dei malati il dolore cronico di intensità moderata o severa incide negativamente sulla vita quotidiana, mentre solo il 7,2% ci convive senza problemi rilevanti. I pazienti sono come intrappolati: difficoltà nel sollevare oggetti (per il 60,2%), fare ginnastica (59,3%), dormire (50,5%), passeggiare (49,0%), svolgere le faccende domestiche (48,5%), partecipare alle attività sociali e ricreative (36,8%), guidare l’auto (23,6%), gestire le relazioni con i familiari e con gli amici (23,2%), il desiderio e le relazioni sessuali (22,7%), lavarsi e vestirsi (22,6%), l’alimentazione (18,6%).

Il 48,8% avverte apatia, perdita di forze, debolezza, il 38,2% tende facilmente alla commozione, il 37,0% vive stati di ansia e di depressione, il 30,8% soffre di vertigini. Così al 38,2% capita di dover ricorrere a forme di supporto da parte di familiari, amici o volontari.

L’impatto sul lavoro

Il dolore cronico colpisce spesso in un’età in cui si è produttivi, impattando sul lavoro per il 40,6% dei malati; il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico e per effettuare le terapie, il 27,7% ha dovuto assentarsi spesso, il 25,0% ha ridotto rendimento (e carriera), il 13,3% ha dovuto cambiare mansioni, l’11,8% ha dovutoricorrere al part time, il 5,8% ha dovuto lavorare da casa, il 3,8% è stato costretto a cambiare lavoro, e tutto questo per colpa del dolore. Che ha costretto l’11% dei malati a dimettersi, mentre l’1,2% è stato licenziato.

Farmaci, un boomerang

Il 62,1% dei malati riesce a tenere il dolore sotto controllo grazie a farmaci, terapie e trattamenti. Tuttavia, il 56,5% dei malati ritiene che nessuno capisca veramente la sofferenza e il 46,7% si sente solo con il proprio dolore. Il 36,4% ha la sensazione che persino il proprio medico sottovaluti la patologia. In generale, per il 72,5% dei malati il dolore nella nostra società è decisamente sottovalutato.

Non stupisce allora che per l’81,7% dei malati il dolore dovrebbe essere riconosciuto come una patologia a sé, dotata di uno specialista di riferimento o di un servizio ad hoc. Qualcuno, par di capire, a cui rivolgersi per risposte (più) adeguate.

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