Covid in Italia, contagi quasi dimezzati. L’enigma dei tamponi

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In barba alle preoccupazioni sull’effetto delle feste di Natale e fine anno, l’ondina di Covid-19 è in decisa frenata nel nostro Paese. A confermarlo, dopo i dati degli ospedali sentinella Fiaso, è l’ultimo bollettino diffuso da ministero della Salute e Iss (Istituto superiore di sanità).

I nuovi casi sono quasi dimezzati e si riducono anche i ricoveri. A mettere pressione alle strutture sanitarie e insidiare la salute degli italiani in questa fase è, piuttosto, l’influenza. 

Intanto si moltiplicano le segnalazioni di tamponi che restano negativi per giorni nonostante i sintomi, e all’improvviso diventano positivi. A spiegare cosa sta succedendo sono gli esperti. Ma vediamo prima i numeri di Sars-Cov-2 in Italia.

Covid, la staffetta nei ricoveri e il nuovo spray nasale

Il bollettino Covid

Nella settimana tra il 4 e il 10 gennaio 2024 sono stati 20.945 i nuovi contagi nel nostro Paese, -45,9% rispetto alla settimana precedente (quando erano 38.737). In calo, ma sempre importante, il numero dei morti: 355  (-4,3% rispetto alla settimana precedente).

Quanto agli ospedali, il tasso di occupazione in area medica al 10 gennaio è sceso all’8,2% (5.131 ricoverati), rispetto il 10,1% (6.320 ricoverati) del 03 gennaio, mentre in terapia intensiva siamo al 2,4% (213 ricoverati), rispetto al 2,8% (246 ricoverati). Insomma, “si conferma la discesa dei ricoveri Covid, ma la pressione sugli ospedali non accenna a diminuire per via dell’influenza”, come ha detto il presidente Fiaso, Giovanni Migliore.

Un risultato da consolidare

A sottolineare l’importanza di proteggere ancora i fragili è il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia. “I dati di questa settimana evidenziano una ulteriore frenata della diffusione di Covid, che si riflette anche sulla riduzione del tasso di occupazione delle strutture ospedaliere, sia in area medica che in terapia intensiva. Un risultato – sottolinea Vaia – che dobbiamo consolidare, continuando a proteggere i più fragili attraverso la vaccinazione che, ricordiamo, è possibile ricevere contemporaneamente a quella anti-influenzale, particolarmente importante visto l’andamento delle ultime settimane”.

C’è tempo per il vaccino

“Siamo ancora in tempo” per vaccinarci, ricorda poi Vaia rinnovando l’invito alle Regioni, “in particolar modo a quelle che più fanno fatica, a mettere in campo ogni azione organizzativa e di comunicazione, soprattutto sul territorio, per evitare il sovraffollamento delle aree di emergenza ospedaliera”. Ma in effetti è difficile che chi non ha risposto alla chiamata nella fase del picco dei contagi Covid, lo faccia adesso.

I tamponi ‘a scoppio ritardato’

Intanto colpisce il fatto che i tamponi anti-Covid ‘fai da te’ danno spesso un risultato positivo solo dopo circa 4 giorni  dai primi sintomi, mentre in passato questo si verificava a 24-48 ore dall’infezione. A segnalare il fenomeno è l’Ansa, che ricorda come anche i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) statunitensi consiglino ormai di fare il test più volte in caso di sintomi sospetti.

Secondo Elizabeth Hudson, direttrice della divisione di malattie infettive di Kaiser Permanente in California, ciò sarebbe dovuto a una immunità parziale acquisita negli ultimi tre anni per infezioni precedenti, vaccini o semplicemente per l’essere stati esposti in passato a Covid-19.

Ma l’epidemiologo Massimo Ciccozzi non è d’accordo. Per l’esperto dell’Università Campus Bio-Medico di Roma il problema non è legato solo all’immunità  acquisita nel tempo, ma anche alle mutazioni di Pirola e delle sottovarianti collegate, che potrebbero dunque influire sul risultato del tampone antigenico.

Questo – dice a Fortune Italia lo specialista – perchè una delle mutazioni colpisce la proteina N, usata per il tampone antigenico. Cosa che non accade con il test molecolare. Non è un caso che questo fenomeno si osservi proprio con la diffusione di Pirola e delle sottovarianti collegate”, conclude Ciccozzi.

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