Tra il dire e il fare… Viene da pensare al classico proverbio che ricorda quanto e come le nostre azioni differiscano poi dal nostro pensiero, specie si ci troviamo in condizioni di fragilità temporanea. Così mentre da tutte le istituzioni sanitarie si rinnova incessantemente l’appello a proteggere gli altri in caso di sintomi di una malattia infettiva, da Covid a influenza (e seppur tutti si dicano d’accordo a cercare di contenere i possibili contagi), all’atto pratico spesso tendiamo a celare i sintomi che potrebbero contraddistinguere una patologia potenzialmente trasmissibile ad altri.
Perché sul fronte psicologico diventa difficile dichiarare apertamente la situazione. Anche se magari ci troviamo in una condizione che potrebbe rappresentare un potenziale rischio per la salute altrui. Il tutto realizzando una discrepanza netta tra le convinzioni sull’importanza di frenare la possibile diffusione di un ceppo virale e la realtà. Pur considerando la buona volontà di ognuno.
Fanno riflettere i dati che emergono da una serie di indagini apparse su ‘Psychological Science’, raccontati dall’Association for Psychological Science. Le ricerche, coordinate da Wilson N. Merrell dell’Università del Michigan, mostrano chiaramente come in termini di salute pubblica occorre forse una maggior attenzione a “fidarsi” della percezione dello stato di salute e del rischio da parte del singolo. Perché esiste una forte tendenza al mascheramento della situazione, magari per l’ansia di perdere un appuntamento di lavoro o trovarsi esclusi da un evento o da un momento conviviale.
Basta leggere quanto viene riportato. Leggendo l’analisi, relativa ad oltre 4.100 persone sane o malate, si scopre infatti che tre individui su quattro riferiscono di aver nascosto la presenza di una possibile patologia o comunque di essere pronti a farlo in futuro, in caso di necessità.
Ma non basta. Più di sei operatori sanitari su dieci si sono trovati nelle condizioni di aver nascosto una patologia infettiva. Andando a spulciare le informazioni, peraltro, ci si accorge che quando si è sani si tende a vedere il rischio con occhi diversi rispetto a quando invece ci si trova in stato di patologia.
Nel primo caso si dice che in caso di patologia si rimarrebbe tranquilli a casa, isolandosi dagli altri. Ma se ci sono sintomi, si tende comunque a mascherare la situazione, a prescindere dai potenziali rischi cui si espongono gli altri. L’analisi degli studiosi ha preso in esame in una ricerca 399 dipendenti sanitari universitari e 505 studenti, focalizzando l’attenzione sulla pandemia da Covid-19, valutando i giorni in cui erano presenti sintomi di malattia e la frequenza alle attività dell’ateneo.
Ebbene, più del 70% degli intervistati ha detto di aver nascosto i sintomi, anche se solo cinque persone hanno riferito di aver celato una certa infezione da Sars-CoV-2. In altre ricerche, poi si è visto che comunque i partecipanti sono risultati maggiormente portati a a immaginare di nascondere la propria malattia quando la gravità dei sintomi era bassa. Ma meno propensi a farlo in presenza di sintomi seri.
Attraverso un sondaggio online si è chiesto di valutare la potenziale trasmissibilità della propria patologia a persona sane e malate, verificando anche se in caso di incontro con un altro quindi con rischio di trasmissione. Risultato: rispetto ai partecipanti sani che immaginavano solo di essere malati, quelli che erano attivamente malati avevano maggiori probabilità di nascondere la propria malattia indipendentemente dalla sua trasmissibilità.
Risultato: può accadere a volte che chi ha sintomi si posizioni in una sorta di “mascheramento” a prescindere dal rischio per gli altri. Il finale è chiaro. A volte cadiamo nel compromesso, anche a scapito della salute pubblica. E dobbiamo fare più attenzione. Se è vero che le malattie infettive possono creare una sorta di evitamento negli altri, è altrettanto innegabile che la responsabilità personale deve crescere. E con strategie mirate.
