Rasi Covid
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A quasi un mese dall’addio del virologo Giorgio Palù, ancora non si sblocca la partita della presidenza dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Mentre il ministro della Salute Orazio Schillaci sembra prendere tempo, e il toto-nomi fra gli esperti del settore si arricchisce con qualche interessante new entry – fra cui quello Francesca Pasinelli, direttrice generale di Fondazione Telethon – sembra che a bloccare la decisione sia l’identikit del nuovo presidente. Un noto accademico, come nel caso del presidente dell’Istituto superiore di sanità Rocco Bellantone, o un super-tecnico con un solidissimo background farmaceutico-regolatorio, in grado di far sentire la propria voce a livello internazionale?

Il dilemma

A far intuire la presenza di un dilemma sono le parole di Guido Rasi, professore di microbiologia all’università di Roma Tor Vergata, già direttore generale Aifa e per due volte direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco Ema. “Non c’è bisogno di uno scienziato da Nobel”, un super accademico, spiega in un’interessante intervista all’Adnkronos Salute Rasi, consulente del ministro della Salute. “Serve piuttosto una persona con un solidissimo background farmaceutico-regolatorio e una consuetudine assoluta con l’inglese”. E “serve subito”, ammonisce Rasi, perché in Europa i dossier ‘caldi’ sono tanti e “l’Italia deve poter pesare ai tavoli internazionali”.

Dopo tanta attesa, la nuova Aifa senza presidente è di fatto zoppa (oltre che muta, come ben sa chi segue le attività dell’agenzia). Perchè a guidarla doveva essere una figura unica, dopo la fine della diarchia fra presidente e direttore generale che, anche in anni recenti, talvolta non hanno remato nella stessa direzione. Ebbene, Rasi invita giustamente a fare in fretta, convinto che “il ruolo di presidente Aifa, soprattutto per come lo ha disegnato la riforma dell’agenzia, richieda un profilo molto specifico per un lavoro altrettanto specifico. Sicuramente una competenza clinica sarebbe molto utile, però bisogna focalizzarsi più sul lavoro che il presidente Aifa è chiamato a fare quotidianamente”.

Una guida esperta

Il presidente entra in gioco “dopo che la Cse”, la nuova Commissione unica scientifica ed economica, “ha valutato l’opportunità dell’entrata in commercio di un farmaco sul territorio nazionale, se rimborsarlo, quale tipo di rimborso dargli e quali indicazioni fornire per il suo impiego nella pratica clinica. L’ultimo check”, la parola finale, “spetta al Consiglio di amministrazione e al suo presidente”. E in un Cda in cui “tutti sono nuovi, bravi ma inesperti della materia, almeno il presidente deve esserlo. Deve essere una guida”, sostiene l’ex Dg.

Un requisito chiave su cui insiste il docente di Tor Vergata è la competenza linguistica. Il presidente dell’Aifa “deve essere una persona che abbia un’assoluta dimestichezza con l’inglese e che lo parli correntemente, perché il rappresentante legale di Aifa siede nel Cda di Ema e questo è strategico”. Anche per segnare una discontinuità rispetto al recente passato: “Gli ultimi tre direttori generali” in Europa “non ci sono andati o non ci andavano quasi mai, e questo ha prodotto un danno molto grosso perché molte normative fondamentali sono state scritte o impostate senza che l’Aifa abbia avuto una gran voce in capitolo”, dice Rasi. Un errore da non ripetere.

Ecco perché “serve un tecnico con un’esperienza scientifica-regolatoria inattaccabile – ribadisce – che sia persona rispettata o che si fa rispettare in Europa. Idealmente qualcuno che è già stato in Aifa o che ci sta attualmente, oppure che abbia lavorato a stretto contatto con i comitati Aifa”. Figure simili non mancano, chissà se sono già state contattate.

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