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Dispositivi medici e payback, la decisione slitta a giugno

dispositivi medici

La ‘spada di Damocle’ del payback continuerà a pendere sul capo delle 4.641 aziende produttrici di dispositivi medici, un settore che in Italia dà lavoro a oltre 117.600 dipendenti, con un mercato da 18,3 mld di euro. Ieri l’attesa (e affollata) udienza pubblica della Corte costituzionale dedicata a dirimere la questione payback è durata circa nove ore, alla presenza di oltre 25 difensori in rappresentanza delle aziende.

Alla fine, il responso è stato rinviato alla Camera di Consiglio. Ma, a quanto apprende Fortune Italia, all’ordine del giorno della prossima riunione in programma il 4 giugno non figura la questione ‘dispositivi medici’. Dunque la decisione potrebbe slittare ulteriormente.

Il settore

Quando parliamo di dispositivi medici intendiamo una vasta gamma di prodotti per la salute: cerotti, pacemaker, bisturi, mammografi, Tac, colliri, apparecchi acustici, esami di laboratorio, ma anche self-test, app e device per il monitoraggio dei parametri vitali a domicilio, ausili e protesi impiantabili ed esterne.

Cosa c’è in gioco

Dopo il pronunciamento del Tar del Lazio nel novembre scorso, la Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità della legge sul payback per i dispositivi medici, provvedimento che – dopo la pioggia di ricorsi – costringe le aziende a operare in un clima d’incertezza.

Secondo una recente indagine del Centro Studi di Confindustria dispositivi medici, realizzata insieme a PWC-Price Waterhouse Cooper per fotografare l’impatto del payback, il 61% delle aziende del settore ha bloccato le assunzioni, il 31% ha fatto ricorso a licenziamenti e 4 imprese su 10 hanno ridotto gli investimenti in ricerca e sviluppo. Inoltre il 61% delle aziende si è astenuta dalla partecipazione alle gare pubbliche, limitando al mercato privato le soluzioni più avanzate (54%).

La norma “impone un onere economico insostenibile, minacciando di mandare in rovina il tessuto imprenditoriale di migliaia di aziende, mettendo a rischio oltre 100.000 posti di lavoro”, come ha sottolineato alla vigilia dell’incontro Gennaro Broya de Lucia, presidente di PMI Sanità, nuova associazione nazionale delle piccole e medie imprese del settore.

Insomma, in attesa del pronunciamento della Consulta, il comparto resta col fiato sospeso. Un’incertezza che non fa bene alle imprese e, alla fine, rischia di rivelarsi un boomerang per Ssn e pazienti.

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