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Arte oltre la fede: Cimabue raccontato nei volumi Menarini

Nella foto (da sinistra a destra): Alberto Giovanni Aleotti, Miriam Fileti Mazza, Liletta Fornasari e Lucia Aleotti
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Non poteva esserci location migliore di Arezzo, città che ha dato i natali a Gaio Clinio Mecenate, ‘patron’ di artisti del calibro di Virgilio e Orazio, per la presentazione del volume d’arte che Menarini ha dedicato quest’anno a Cimabue. La passione per l’arte di Menarini, parte da lontano (dal 1956 per la precisione). E c’è una ragione.

“La nostra – spiegano Lucia e Alberto Giovanni Aleotti, azionisti e membri del board di Menarini – è un’azienda dedicata all’innovazione e alla ricerca e sviluppo di soluzioni avanzate (anche con il ricorso all’intelligenza artificiale), per la messa a punto di nuovi farmaci. In questo avanzare e correre verso il futuro, riteniamo sia molto importante ricordare le nostre radici. In Italia, siamo contornati di tanta arte di una bellezza straordinaria; e attraverso i nostri Volumi d’Arte e avvicinare tutti a questi capolavori, con un linguaggio semplice e fruibile”.

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La presentazione del volume si è svolta presso la chiesa di San Domenico di Arezzo, dove  lo sguardo viene immediatamente catturato dall’imponente Crocifisso di legno sagomato, riconosciuto dalla critica come la prima opera di Cimabue (1270). San Domenico è tra l’altro un luogo molto importante per la Chiesa, avendo ospitato il primo conclave della storia.

Sullo sfondo il crocifisso di Cimabue. Courtesy Menarini

“Nell’essenzialità di un’armonia silenziosa, Cimabue è stato capace di emozionare e condurre verso un sentimento di riflessione per la religiosità, al di sopra di ogni fede o dogma – commenta Miriam Fileti Mazza, autrice del libro, pubblicato per i tipi di Pacini Editore – Il Volume d’Arte Menarini dedicato a questo grande maestro ripercorre il racconto visivo di colui il quale, uscendo dalla primitiva pittura bizantina, aprì la strada alla nuova arte che avrebbe condotto poi al Rinascimento. La sua pittura lontana nel tempo, si riappropria della percezione, donando ancora mistero, naturalezza e il fascino antico delle origini. Temevo di non riuscire a decifrare quest’arte lontana di un uomo del 1200; la chiave, per studiare le composizioni di Cimabue, è stata ascoltare con gli occhi e vedere col cuore”.

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“L’arte di Cimabue è come la neve di febbraio – afferma la storica dell’arte Liletta Fornasari, che ha preso parte alla presentazione – È pieno inverno e quella coltre bianca ricopre tutto, ma lì sotto, qualcosa comincia a muoversi; lo scopriamo in tanti piccoli dettagli, nascosti anche nel Crocifisso ligneo della Chiesa di San Domenico, come quella sottile peluria sotto le ascelle del Cristo crocifisso (ritratto nella classica iconografia del ‘Christus patiens’, cioè del Cristo sofferente), che contraddice il linguaggio bizantino. Senza il ‘coraggio’ di Cimabue, forse non ci sarebbe mai stato Giotto”.

Un artista da riscoprire e il volume Menarini

Cenni di Pepo (Benciveni di Giuseppe), detto Cimabue, nacque probabilmente a Firenze intorno al 1240; incerto è anche l’anno della sua morte, forse il 1302. Pochissime le opere certe di questo autore, anche per lo stato conservativo sul quale hanno gravato persino calamità naturali quali l’alluvione di Firenze, per il Crocifisso ligneo conservato in Santa Croce e il tremendo terremoto del 1997, per gli affreschi della Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi.

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Quando Giorgio Vasari (altro celeberrimo aretino) vide questi affreschi, commentò: “La quale opera veramente grandissima e ricca e benissimo condotta, dovette, a mio giudizio, fare in que’ tempi stupire il mondo, essendo massimamente stata la pittura tanto tempo in tanta cecità, et a me, che l’anno 1563 la rividi, parve bellissima, pensando come in tante tenebre potesse veder Cimabue tanto lume”.

Il volume Menarini fa dunque emergere dalle tenebre dell’oblio delle nostre vite, accelerate e distratte, questo autore antico e meraviglioso.

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