Il pharma cresce di più oltreconfine

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In un periodo storico segnato da forti turbolenze che hanno danneggiato anche colossi e marchi storici, esiste un settore che ha affrontato la bufera con andamento anticiclico, sfruttando i venti contrari per volare ancora più in alto ed affermare la propria presenza oltreconfine. Si tratta della farmaceutica italiana: mentre la crisi economica del 2008 imperversava in Europa e Usa, con strascichi ancora oggi evidenti, l’Italia diventava prima in Europa per la produzione farmaceutica e le ‘big pharma’ del Paese, le maggiori aziende italiane del settore, aprivano stabilimenti e filiali all’estero, rafforzando la propria presenza sul territorio internazionale.

In particolare, sono 13 le ‘big pharma’ nostrane che hanno sfruttato l’internazionalizzazione come motore di crescita: Dompè, Menarini, Molteni, Zambon, Abiogen Pharma, Angelini, Recordati, Chiesi, Italfarmaco, Alfa Wassermann e Sigma-Tau (Alfasigma dal 2017), Mediolanum, I.B.N Savio e Kedrion. Nomisma ha analizzato l’attività dal 2007 al 2017 di quelle che sono state ribattezzate ‘Fab 13’.

Sul numero di aprile di Fortune Italia, Enrico Baroncia, general manager di Recordati Italia, spiega come oggi “il 65% del business viene fatto all’estero”. Un panorama impensabile fino al pre-crisi: “dieci anni fa solo il 50% del business delle italiane era fatto fuori dai confini nazionali. Se fosse rimasto così probabilmente oggi queste aziende sarebbero estinte come tutti si aspettavano ai tempi, invece sono diventate un capitolo di successo”.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile.

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