Ricostruzione, healthcare: come investire sul sistema sanitario/Video

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La crisi del Coronavirus ha evidenziato come garantire la tenuta del Sistema Sanitario Nazionale sia una priorità assoluta. E, soprattutto, come quello sulla salute sia un investimento strategico e indispensabile. Il futuro della sanità pubblica, e di quella privata, è stato al centro di un e-meeting per il ciclo ‘Ricostruzione’ di Fortune Italia, organizzato in collaborazione con Cittadinanzattiva. Ne hanno discusso cinque relatori: Pier Paolo Baretta, Sottosegretario di Stato al MEF; Francesco Clementi, Ordinario di Diritto pubblico comparato Università di Perugia; Antonio Gaudioso, Segretario Generale Cittadinanzattiva; Patrizia Popoli, Presidente della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA; Silvestro Scotti, Segretario Generale Nazionale FIMMG.

 

 

Ottanta miliardi di euro in un mese e mezzo “a fondo perduto, perché sono sussidi che non ritornano”, con un indebitamento del Paese che dal 2,2% è passato al 10,4% e un Pil che si aggira intorno a -9 punti. L’attuale quadro economico italiano, flagellato dalla situazione emergenziale dalla quale il Paese cerca di districarsi, per il sottosegretario di Stato al MEF Pierpaolo Baretta “condurrà inevitabilmente a due conseguenze”. Da un lato “un generale impoverimento, una riduzione del reddito che avrà anche una nuova composizione”, dall’altro “una profonda trasformazione dell’apparato economico e produttivo”. Una trasformazione “che dobbiamo accompagnare perché non possiamo permettere che avvenga attraverso un’autoselezione della specie”. Anche perché, nell’attuale situazione, questo significherebbe acuire le differenze sociali. “Le pandemie non sono democratiche, non sono una livella, accentuano le disuguaglianze. E queste sono un rischio per la sicurezza economico-sociale”, afferma il segretario generale di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso.

 

Per Baretta la strada da percorrere per accompagnare questa trasformazione è molto chiara: bisogna puntare sui privati e sostenerli. “Serve uno Stato sociale integrato a grandi forme di solidarietà nel privato, uno Stato che sia ‘sociale’ non solo per la parte pubblica, ma anche per i privati. Dobbiamo sostenere le imprese, scongiurando le speculazioni e gli accaparramenti malavitosi; incentivare la mobilitazione del risparmio dei privati; servono un welfare ‘attivo’, non solo di assistenza, ma di promozione, e sostegno economico-finanziario”. Una maggiore integrazione, dunque, tra il pubblico e il privato, da tempo promossa e auspicata dagli attori del panorama sanitario. In un mondo e in un momento storico in cui la healthcare assume un ruolo centrale nell’economia globale. “Dopo il Coronavirus la salute e la sanità hanno assunto un ruolo molto rilevante in maniera esplicita: economia e salute stanno alla pari, e la morsa in cui è stretto il presidente Conte, tra l’economia che spinge per riaprire, e le preoccupazioni del mondo scientifico, sono l’emblema” di questa ‘nuova’ evidenza. Questa è “l’occasione per un ripensamento e investimento nel settore”.

 

Un ripensamento che, per Francesco Clementi, Ordinario di Diritto pubblico comparato Università di Perugia, dovrebbe prevedere una profonda riorganizzazione del sistema sanitario: “se il Covid ci ha insegnato qualcosa è che bisogna tornare all’essenziale. La rete dei sistemi sanitari regionali istituita con la riforma del Titolo V non è riuscita. Non si possono avere diverse competenze tra Stato e Regioni” a causa della “incapacità di coordinamento tra Stato e Regioni”.

 

Tornare all’essenziale significa anche passare attraverso un processo di profonda sburocratizzazione che, come l’emergenza ha dimostrato, è possibile. “Grazie al Cura Italia è stato creato un unico Comitato nazionale per la valutazione delle diverse sperimentazioni cliniche”, spiega la presidente della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA Patrizia Popoli. Una sorta di balzo in avanti in un’opera di sfoltimento iniziata 10 anni fa, quando i comitati etici erano circa 300. “Questo ci ha permesso di valutare in un mese e mezzo 140 domande di sperimentazione”. Numeri che, fino allo scorso febbraio, sarebbero stati impensabili. Inoltre, l’Agenzia, in prima linea durante questa emergenza, ha predisposto la rimborsabilità di farmaci contro il Covid-19 (utilizzo off-lable) in tempi record; ha prolungato i piani terapeutici dei pazienti cronici per agevolare l’accesso alle terapie laddove messo complicato dall’emergenza e ha consentito trattamenti domiciliari anche per pazienti solitamente trattati in ospedale, definendo condizioni di sicurezza. Tutto questo, in due mesi.

 

“Abbiamo la tendenza a burocratizzare la sanità, in un momento di emergenza servono percorsi più semplice”, afferma Silvestro Scotti, segretario generale Nazionale Fimmg. Ora l’appello dei Medici di medicina generale alle istituzioni, è quello di avere maggiore considerazione come categoria e di essere messi nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo. “Nel Ssn non c’è nessuna figura più sussidiaria del medico di medicina generale”, afferma Scotti. “Abbiamo negoziato con il Governo ci ha seguiti sul tema della dematerializzazione delle ricette e dei piani terapeutici prolungati. Ora, pensare di affrontare la fase 2 senza fornire adeguate protezioni ai medici è una follia. E ho qualche difficoltà a capire come mai, in una situazione di emergenza sanitaria, la Protezione Civile sia stata considerata l’organismo (di intervento) più efficace”.

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