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Farmacie comunali, un patrimonio da gestire meglio

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Le farmacie comunali sono rimaste un pulviscolo di società rispetto a quello che è successo nel settore. Ci sono voluti alcuni anni perché il settore privato incominciasse a interessarsene e solo di recente ci sono stati passaggi di mano che hanno coinvolto anche F2i sgr, il maggiore fondo di investimento infrastrutturale italiano. Articolo di Alberto apparso sul numero di Fortune Italia di marzo 2020.

 

Quasi 1700 farmacie (1.686), di proprietà di 645 diverse società pubbliche (spa, srl, consorzi e aziende speciali), ma anche, in 83 casi, affidate in gestione ad un privato. Se fossero un gruppo avrebbero un fatturato superiore al miliardo e mezzo sugli oltre otto miliardi che gli italiani spendono per l’acquisto di medicinali, coperti dal Servizio sanitario nazionale. Dentro ci sono piccoli colossi e micro realtà: fra i primi ci sono le due società dell’Emilia Romagna, Farmacie comunali riunite di Reggio Emilia con i suoi 168 mln di fatturato, Ravenna Farmacie con 68 mln e le Farmacie comunali di Trento con 22 mln. Sono per lo più in utile anche se la redditività oscilla molto in questo universo, e non brilla di certo. E quelle pochissime aziende che hanno visto il proprio business rischiare di andare a gambe per aria, come la Farmacap di Roma Capitale, lo hanno fatto per demerito proprio e non certo per l’aggressiva concorrenza dei privati. A far emergere questo spaccato è stata la Corte dei Conti con il suo referto sulle partecipazioni degli enti locali, pubblicato a dicembre: fra le 7.500 società possedute da Comuni, Province e Regioni svettano i fatturati, inaspettati, di alcuni di questi punti vendita ben conosciuti, ai clienti e ai cittadini e anche ai politici locali che spesso ne paventano la vendita o la privatizzazione, ma di cui è sconosciuta la dimensione economica. Fortune Italia, utilizzando questa banca dati, ha calcolato che solo 55 società di farmacie di cui si parla esplicitamente nella relazione, nel 2017, hanno fatturato 564 mln e portato a casa utili per 10 mln. Pochi anni fa, nel 2016, il loro mondo venne scosso dalla legge annuale sulla concorrenza che introdusse la possibilità per i gestori e le catene di farmacie di allargarsi superando i limiti esistenti al possesso multiplo di licenze. Il mondo delle farmacie comunali per qualche mese entrò in fibrillazione temendo l’assalto alla diligenza sulle loro ricche praterie. Ma in realtà ci sono voluti alcuni anni perché il settore privato incominciasse a interessarsi alle farmacie comunali e solo di recente ci sono stati passaggi di mano che hanno coinvolto anche F2i sgr, il maggiore fondo di investimento infrastrutturale italiano.

 

Le farmacie comunali sono rimaste un pulviscolo di società rispetto a quello che è successo nel settore. In questo ultimo decennio le circa 18mila farmacie private che sono state investite dall’arrivo delle catene internazionali, hanno dato vita ad un processo di aggregazione societario e cooperativo, ancora in corso, integrandosi verticalmente intorno a società di distribuzione, fornitura di marchi, servizi It e finanziari, proprie. Oggi, secondo la società di consulenza IQvia, i cui report vengono pubblicati da PharmacyScanner, un sito dedicato al settore, nella “classifica per fatturato delle 18mila farmacie italiane, il primo decimo (1.800 esercizi) produce quasi un quarto del giro d’affari totale, il secondo e terzo decimo (altri 3.600) generano il 29% e i restanti sette decimi (12.600) fanno il 46%. In altri termini, dal 70% delle farmacie italiane non arriva neanche la metà del fatturato complessivo del canale”. Fedele alla propria tradizione, il mondo delle farmacie pubbliche guarda soprattutto alla politica con la propria associazione sindacale e di formazione, Assofarm, che si occupa dei rapporti con il ministero della Salute, dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) del ministero dello Sviluppo economico, del ministero dell’Economia e delle finanze e l’Anci, l’associazione dei comuni italiani. Dichiara di associare il 95% degli esercizi, ha un portale e una emittente web, Farmacie.tv, dedicata agli associati; un suo telegiornale, TGFarma, su digitale e satellitare, e anche una webradio. Scontata la presenza sui social media: pagina Facebook, il profilo Linkedin e il canale YouTube. Il tutto con una grafica e un mood lievemente naif, più da circolo ricreativo, dove tutti si conoscono e sanno tutto di tutti e quindi non servono troppi dettagli. E dove il presidente appare un po’ sovraesposto. Deus ex-machina dell’associazione è Venanzio Gizzi, architetto e due volte presidente perché è anche a capo dell’associazione europea delle farmacie sociali: 2.300 esercizi di cui le italiane sono più della metà. Ma dal punto vista economico e gestionale il contributo di Assofarm, se c’è stato, ancora non si è visto. Processi di aggregazione non ce ne sono stati e non ve ne è traccia nella pubblicistica associativa. Comprensibile perché gli amministratori locali temono il linciaggio cittadino in caso di privatizzazioni mentre, come hanno svelato i magistrati contabili nella loro relazione, non temono intrecci all’apparenza perversi con le proprie partecipazioni.

 

A Reggio Emilia, secondo i magistrati contabili, le Farmacie comunali riunite con 28 punti vendita fatturano oltre 160 mln, con un utile di appena 15.700 euro e, questo, malgrado dal comune abbiano ricevuto per il contratto di servizio 2,7 mln e 63.605 euro per un aumento di capitale. A Ferrara la società che gestisce le 11 farmacie municipali ha ricavi per 18 mln con un profitto, superiore alla sorella maggiore reggina, di 286mila euro, un risultato che tuttavia rimane oltre dieci volte sotto gli standard del settore: la redditività media delle farmacie è intorno al 20%. Sembrano funzionare meglio le piccole che, spesso isolate dai centri urbani, possono contare sulla maggiore fedeltà dei clienti. La farmacia di Montano Licinio, piccolo centro del comasco, accreditato di poco più di 5.000 abitanti, appena sopra ai 4.000 abitanti che sono il bacino minimo di utenti previsti dalla legge per comuni minori, ha un fatturato superiore al milione e mezzo, cinque volte oltre il fatturato minimo che fa scattare l’aiuto sotto forma di sconto da parte del Servizio sanitario nazionale, e utili per più 91mila euro e spiccioli, e quindi stabilmente in equilibrio. Malgrado ciò, ha comunque ottenuto un trasferimento di poco meno di 30.000 euro dall’ente controllante. Persino la comunale di Piuro, Sondrio, con un bacino di appena 1.930 anime, meno della metà degli 4.000 utenti minimi previsti dal Ssn, ha i conti in ordine, 507mila euro di fatturato 42mila e rotti di utili, ma non ha rinunciato ad incassare dal comune 3.384 euro in conto trasferimenti dall’azionista che ha entrate correnti annuali pari ai ricavi della farmacia. Stretti a monte da una distribuzione molto consolidata e in via di ulteriore consolidamento e a valle dal Sistema sanitario nazionale, quasi un acquirente unico, che a sua volta sta facendo i conti con i propri bilanci in rosso, le farmacie tradizionali, comunali e non, incontrano sempre più difficoltà. E anche se un
po’ di linfa arriva da nuove strategie di vendita, consegna a domicilio e la vendita per conto terzi, far quadrare i bilanci diventa sempre più difficile. Visto che la somministrazione dei nuovi farmaci, innovativi e spesso molto costosi, è stata spostata dal governo in mano agli ospedali per aumentare la forza contrattuale nei confronti dei produttori, riducendo in prospettiva il fatturato futuro.

 

Alcuni comuni, davanti alla difficoltà di far quadrare i conti hanno iniziato a passare la mano, commettendo anche errori di gioventù, firmando concessioni della durata di 99 anni, una vendita mascherata, da cui più di recente si è passati a contratti di più breve durata, di 10 anni. Ma altri hanno semplicemente venduto. Cef, Cooperativa di farmacisti privati, che ha acquistato le dieci ex comunali di Sesto San Giovanni (Milano) per circa 16 mln di euro, ha di recente venduto immobili ed emesso obbligazioni per 35 mln per finanziare la crescita. Il prestito sarà chiuso a marzo e nel comunicato diffuso si dice che sarà messo al servizio del piano di restyling delle farmacie e alla acquisizione delle farmacie. McKesson Europe, un distributore di farmaci che in Italia opera con il marchio LloydFarmacia, ha già fatto incetta di comunali e nel luglio del 2019 ha completato l’acquisizione da due Coop del 76% della holding Pharmacoop. Questa ingloba 27 farmacie comunali a Bergamo, Desio (provincia di Milano), a Padova, a Modena e Sassuolo. Un ulteriore segnale per le comunali arriva da un colosso della distribuzione come le Coop, che ha deciso di passare la mano agli specialisti del settore, per far girare meglio le attività farmaceutiche. Il fondo F2i dal novembre del 2018 ha messo su la catena di Farmacie italiane, controllata al 61,2% insieme a Farmacrimi, che ha acquistato comunali a Milano e Roma. L’obiettivo di F2i è di “crescere per linee esterne in un mercato attualmente molto frammentato, sulla base della nuova regolamentazione che promuove opportunità di consolidamento del settore”, dichiarano i gestori del fondo sul sito. Farvima, azienda campana della distribuzione intermedia con oltre 5.500 farmacie clienti e 15 magazzini in tutta Italia, ha acquistato il 49% di Farmacie comunali riunite, la spa cui fanno capo i cinque esercizi pubblici di Grosseto, prendendo il posto di un altro socio, non pubblico, e spendendo oltre 4 mln. Al momento del passaggio di mano delle azioni, l’allora assessore al bilancio di Grosseto Giacomo Cerboni dichiarò: “Abbiamo sempre manifestato la volontà di non voler riacquisire il 49% e confermiamo, dunque, la scelta di questa amministrazione di non possedere il 100% della società, ma di avvantaggiarsi dell’esperienza, della capacità imprenditoriale e manageriale di un privato che conosce bene il mondo farmaceutico”. Un punto di vista non del tutto condiviso in Assofarm. “Sbagliano a vendere ed è triste come quando nelle famiglie si vende l’argento e l’oro di casa”, commenta l’ipotesi dell’avvio di un processo di dismissioni il presidente Gizzi, che aggiunge: “Il momento non è difficile solo per le farmacie comunali, anche le private non se la passano bene. La farmacia comunale può essere una ricchezza per le amministrazioni locali sia sotto il profilo sanitario che economico. Rafforzare il legame con il comune di appartenenza è fondamentale. A livello nazionale si dovrebbe cercare di uniformare il sistema di servizi offerti dalle farmacie nei diversi comuni”.

La versione originale di questo articolo è disponibile anche sul numero di Fortune Italia di marzo. Si può comprare in edicola e in versione digitale, oppure ci si può abbonare:

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