A cosa serve un ospedale ‘virtuale’

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Il progetto pienamente operativo dell’Università degli Studi di Milano può cambiare l’assistenza, ma anche efficientare i costi e risolvere definitivamente il problema delle liste d’attesa. Sarà donato gratuitamente a tutte le realtà pubbliche che lo vorranno. La versione completa di questo articolo, a firma di Maria Elena Molteni, è disponibile sul numero di Fortune Italia di gennaio 2021.

 

DAL TERRITORIO che va in ospedale all’ospedale che si riversa sul territorio. Di più, che entra nelle case dei pazienti. Un’equazione inversa resa possibile dalla rivoluzione digitale. Una formula di telemedicina che non si limita al solo video consulto, ma che grazie a una piattaforma serverless di ultima generazione prende in carico il paziente e consente una triangolazione tra quest’ultimo, il medico di medicina generale e lo specialista in ambulatorio. Non è un progetto, ma una realtà pienamente operativa che prende il nome di Cod20 e che recepisce ante litteram le linee guida sulla telemedicina licenziate dal ministero della Salute a metà dicembre.

 

Protagonista di questa vera e propria rivoluzione, non foss’altro perché non è un progetto ma una realtà che quotidianamente rendiconta il numero di ambulatori operativi, gli specialisti disponibili, i minuti di attività, è l’Università degli Studi di Milano: Gian Vincenzo Zuccotti , preside della facoltà di Medicina in piena emergenza Covid-19 ha lanciato il progetto e ha trovato in Link Up, una dinamica realtà che sviluppa software serverless cloud native, il partner tecnologico che lo ha sviluppato. Ne è nato Cod19, servizio di sorveglianza attiva domiciliare che prevede il monitoraggio di condizioni cliniche critiche, la ricognizione di problematiche socio-sanitarie e l’erogazione di servizi clinici necessari in telemedicina. Operativo da marzo.

 

La sua evoluzione è Cod20, l’ospedale virtuale. Il primo al mondo nel suo genere è a Chesterfield, negli Usa: un edificio di quattro piani, senza letti e senza pazienti. Qui lavorano solo medici e infermieri e gestiscono da remoto gli ammalati. Il Mercy Virtual Hospital è il primo ospedale virtuale al mondo ed è costato 45 mln di dollari. Ma questa è un’altra storia. “Cod20 si sta arricchendo di tutta una serie di componenti: ci sono alcune Asst (Aziende socio sanitarie territoriali) che manifestano l’interesse e la volontà di utilizzare questa piattaforma (che ad oggi è stata adottata dall’Asst Fatebenefratelli Sacco e dall’Asst della Valtellina e dell’Alto Lario). Ogni ospedale, ogni Asst – spiega a Fortune Italia il professor Zuccotti – potrà sviluppare il proprio ospedale virtuale con i proprio ambulatori, elencare gli specialisti che saranno coinvolti. Questo sta accadendo sia per gli ambulatori specialistici in senso stretto, sia anche per tutte quelle attività che comunque richiedono una maggiore operatività sul territorio: c’è tutta una rete consultoriale che verrà collegata alla piattaforma per svolgere gran parte delle sue funzioni. E questo vuol dire, ad esempio, per una donna gravida o per una puerpera, avere a disposizione tante possibili soluzioni”.

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di gennaio 2021. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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