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Social, big data, tono di voce. La comunicazione aziendale ai tempi del Covid

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L’emergenza Coronavirus ha cambiato radicalmente gli stili di vita, le abitudini, il modo di lavorare, quello di rapportarsi agli altri. Un trasformazione con cui ha dovuto fare i conti anche il mondo della comunicazione, a partire da quella aziendale. Il tema è stato al centro del webinar ‘Le aziende italiane e il Covid-19: come comunicare durante la pandemia’, primo appuntamento annuale del ciclo di incontri ‘Bic-Best in media communication’ di Fortune Italia. Un’occasione per capire com’è cambiata la comunicazione delle aziende dall’avvento della pandemia, come stanno cambiando le strategie e che anno potrà essere da questo punto di vista il 2021, attraverso l’esperienza e le opinioni di alcuni esperti del settore: Enrico Pozzi, Ceo di Eikon Strategic Consulting (EikonSC), Luisa Cofrancesco, Corporate Affairs Director di Pfizer Italia, Giuseppe Mariano, Responsabile media relations, social e pianificazione media di A2A, Chiara Mizzi, Communication Lead di Microsoft Italia.

 

“La pandemia ha costretto le aziende a cambiare nel profondo e in modo attivo valori, comportamenti, priorità, linguaggi”, ha detto Pozzi. Per capire come la comunicazione aziendale ha trattato il tema della pandemia, ha spiegato, da aprile a dicembre 2020 Eikon ha analizzato in maniera sistematica “sul web e ovunque nella comunicazione sociale” il grado di associazione delle prime 200 aziende della classifica di Mediobanca alla parola Covid e ai suoi equivalenti semantici. “L’obiettivo era di capire in che misura e in che modo la comunicazione sociale delle principali aziende italiane fosse entrata nel tema de Covid quantitativamente e qualitativamente e con quali risultati”. Dallo studio sono emersi tre dati principali: un livello del trend mensile delle citazioni delle aziende più importanti inferiore a quello registrato in altri Paesi, una trasformazione dell’allarme sociale che è passato dall’ansia di aprile a una vera e propria angoscia sociale a dicembre, un andamento della curva delle citazioni che ricalca “in un modo pedissequo l’evoluzione della percezione sociale” della pandemia. “Non era ovvio – ha osservato il Ceo di EikonSC – che l’andamento del modo e della quantità di comunicazione di queste aziende rispetto al tema della pandemia seguisse l’andamento della comunicazione sociale e non lo abbia preceduto, accompagnato, stimolato e rilanciato secondo quelle che potevano essere già nel mese di luglio e di agosto le previsioni razionali di quello che sarebbe avvenuto nei mesi successivi.

 

Tra i grandi cambiamenti portati dalla pandemia c’è stata sicuramente la rilevanza sempre più centrale dei social network. “Siamo sicuramente entrati in una nuova era comunicativa”, ha detto Cofrancesco, con una comunicazione sempre più monopolizzata dal Covid a tutti i livelli, uno smart working che è sempre più diffuso e il distanziamento “che hanno spostato il dibattito su tutte le piattaforme digitali”. Per un’azienda farmaceutica come Pfizer, ha osservato la manager, “non è facile conciliare i paletti di un comparto fortemente normato come il nostro con la tempestività che è richiesta normalmente dai media tradizionali, e ancor di più dai social network”. La sfida del 2021 sarà quindi proprio “quella di conciliare tempestività e contenuti adeguati alle esigenze” della situazione. “Pfizer è presente a livello global su tutti i canali social, anche a livello di Pfizer Italia. Credo che come tutte le aziende del comparto farmaceutico, Pfizer in questo momento, soprattutto per il tema legato al vaccino, abbia un ruolo forte di responsabilità sociale. Bisogna lavorare sulle piattaforme social anche per accreditarci sempre di più come portatori di conoscenze e di competenze medico scientifiche perché il lavoro di responsabilità sociale lo vedo molto correlato all’idea della battaglia comune di divulgare informazioni corrette sulla salute, di combattere le fake news ma anche le informazioni non corrette”.

 

Dal punto di vista della comunicazione “quello che è cambiato – ha evidenziato Mariano – è stato anzitutto un potenziamento di tutti i servizi di comunicazione e dell’utilizzo dei social e in buona misura il tono di voce”. Una necessità avvertita come particolarmente cruciale per un gruppo come A2A che “non ha mai potuto fermarsi perché fornisce tutti servizi essenziali per le persone”, dalla luce al gas, dall’acqua alla raccolta dei rifiuti. “Si pensi a quando a Milano e in Lombardia, un’area molto colpita dall’emergenza, hanno iniziato a circolare le informazioni sul fatto che magari rientrando con le scarpe sporche si potesse portare il virus dentro casa. In quella situazione noi abbiamo avuto la necessità di far vedere come Amsa, una società di A2A che opera a Milano nella raccolta e nella pulizia della città, faceva le operazioni di sanificazione. Un tono di voce che serviva a tranquillizzare e a mostrare che effettivamente tutte le le strade della città sarebbero state sanificate”.

 

La pandemia ha fatto emergere in tutta la sua importanza “la rilevanza strategica della comunicazione” per le aziende, ha sottolineato Mizzi. “Il nostro Ceo dice sempre che in due mesi abbiamo fatto un salto nella trasformazione digitale che di norma richiede due anni. Come Microsoft abbiamo lavorato tantissimo con tantissime organizzazioni e comunicatori, all’estero come in Italia. La possibilità di lavorare su contenuti, processi, tempistiche ogni giorno ha fatto in modo che il ruolo strategico della comunicazione entrasse veramente a supporto di quelle che erano le esigenze strategiche del business”. Altro importante effetto della crisi: “La comunicazione si è spostata molto sulla componente interna. Tutte le organizzazioni, noi compresi, ci siamo trovati a gestire da un giorno all’altro migliaia di dipendenti che dovevano sapere cosa fare, con decreti che arrivavano durante la notte, codici Ateco, eccetera. Quindi c’è stato anche un grandissimo sbilanciamento su quella che era la componente interna che era fondamentale per garantire la continuità del business”. C’è infine il tema dei dati. “Oggi siamo in un mondo digitale dove spesso abbiamo la possibilità di analizzare i dati, per capire le percezioni e gli spostamenti non sempre misurabili e anche le aree verso le quali ha senso comunicare, il nostro target audience, piuttosto che i ruoli sociali di responsabilità che molte aziende italiane e internazionali hanno per pensare a una fase di rilancio e a una nuova vita, un po’ diversa da quella che abbiamo lasciato lo scorso anno”.

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