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Vaccini, Covid e Pil, la proposta della discordia

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Distribuire i vaccini alle Regioni italiane anche tendendo conto del Pil? Mentre la campagna vaccinale fa i conti con i ritardi nella consegna dei vaccini Pfizer-BioNTech, fa discutere la proposta del neo-assessore al Welfare e vicepresidente della Lombardia, Letizia Moratti al commissario straordinario Domenico Arcuri, di ripensare l’attuale approvvigionamento di dosi. Obiettivo, una distribuzione dei vaccini nelle Regioni seguendo nuovi criteri, tra cui la densità abitativa, il tema della mobilità, e (soprattutto) il contributo che ciascuna Regione dà al Pil nazionale.

 

Il riferimento al Pil come criterio per distribuire i vaccini tra le regioni non si riferirebbe alla “ricchezza” di un territorio (e quindi dei suoi abitanti) ma al numero delle sue imprese e quindi alla capacità di favorire “un riavvio del motore economico del Paese“, hanno precisato dall’assessorato al Welfare tornando sulla questione. Ma nel frattempo la proposta ‘vaccini per Pil’, stigmatizzata da più parti, aveva già incassato una pioggia di commenti ironici sui social e la secca replica via Twitter del ministro della Salute Roberto Speranza: “Tutti hanno diritto al vaccino, indipendentemente dalla ricchezza del territorio in cui vivono. In Italia la salute è un bene pubblico fondamentale garantito dalla Costituzione. Non un privilegio di chi ha di più”.

 

Ma si tratta di un’idea che avrebbe senso e potrebbe contribuire a frenare la pandemia? Tutt’altro, almeno a sentire il (contestato) direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus. Aprendo ieri la riunione annuale del Consiglio di amministrazione dell’Oms, il Dg ha sottolineato come più di 39 milioni di dosi di vaccino siano state somministrate in 49 Paesi ad alto reddito, contro appena 25 dosi in un Paese povero. “Non 25 milioni; non 25 mila; solo 25. Devo essere schietto: il mondo è sull’orlo di un catastrofico fallimento morale. E il prezzo di questo fallimento sarà pagato con vite e mezzi di sussistenza nei Paesi più poveri del mondo”. Ma anche con l’incapacità di porre fine alla corsa del virus.

 

Per il dottor Tedros sono a “a serio rischio” le “prospettive di un’equa distribuzione dei vaccini anti Covid”. E questo perché si è adottato ”un approccio che mette a rischio i più poveri e i vulnerabili del mondo, ma che è anche controproducente”, ha detto Tedros “A lungo andare questo approccio non farà altro che prolungare la pandemia”.

 

Tedros ha ricordato che lo scorso anno sono stati firmati 44 accordi bilaterali per la distribuzione dei vaccini contro Covid-19 e almeno 12 quest’anno. “Questo potrebbe creare un mercato caotico, una risposta non coordinata e continui stop sociali ed economiche”, ha ammonito il Dg.

 

Invitando a guardare al recente passato. “Quarant’anni fa è emerso un nuovo virus che ha scatenato una pandemia. Furono sviluppati farmaci salvavita, ma trascorse più di un decennio prima che i poveri del mondo potessero accedervi. Dodici anni fa è emerso un nuovo virus che ha scatenato una pandemia. Sono stati sviluppati vaccini salvavita, ma quando i poveri del mondo hanno avuto accesso a questi prodotti, la pandemia era finita. Un anno fa è emerso un nuovo virus che ha scatenato una pandemia. Sono stati sviluppati vaccini salvavita. Quello che succederà dipende da noi”.

 

“Lo sviluppo e l’approvazione di vaccini sicuri ed efficaci meno di un anno dopo l’emergere di un nuovo virus è uno straordinario risultato scientifico e una fonte di speranza”, ha ricordato Tedros. E “la recente comparsa di varianti a rapida diffusione rende ancora più importante il lancio veloce ed equo dei vaccini. Ma ora dobbiamo affrontare il vero pericolo”, ovvero che i vaccini diventino “un altro mattone nel muro di disuguaglianza tra i ricchi e i poveri del mondo”.

 

“È giusto che tutti i governi vogliano dare la priorità alla vaccinazione prima dei propri operatori sanitari e degli anziani – evidenzia il Dg Oms – Ma non è giusto che gli adulti più giovani e più sani nei Paesi ricchi vengano vaccinati prima degli operatori sanitari e degli anziani nei Paesi più poveri. Ci sarà abbastanza vaccino per tutti. Ma in questo momento, dobbiamo lavorare insieme come un’unica famiglia per dare la priorità a coloro che sono più a rischio di malattie gravi e morte, in tutti i Paesi”. In barba al Pil.

 

Alcuni Paesi e aziende “continuano a dare la priorità agli accordi bilaterali”. Questo approccio non solo mette a rischio le persone più povere e vulnerabili del mondo, “ma è anche controproducente. Alla fine, queste azioni non faranno che prolungare la pandemia, le restrizioni necessarie per contenerla e le sofferenze umane ed economiche. L’equità dei vaccini non è solo un imperativo morale, è un imperativo strategico ed economico”.

 

Uno studio recente ha stimato che i vantaggi economici di un’equa allocazione di vaccini per 10 Paesi ad alto reddito sarebbero di almeno 153 miliardi di dollari Usa nel 2021, salendo a 466 miliardi di dollari entro il 2025. Ma per il capo dell’Oms non è troppo tardi. “Invito tutti i Paesi a collaborare in modo solidale per garantire che entro i primi 100 giorni di quest’anno, la vaccinazione degli operatori sanitari e degli anziani sia avviata in tutti i Paesi del mondo”. Insomma, l’idea è proteggere prima chi è più a rischio in tutto il mondo. Indipendentemente dal Pil.

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