Covid e vaccinazione, la lezione di Uber e Moderna

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Fiale che mancano all’appello. Bandi per la realizzazione dei tendoni che serviranno come punti di raccolta per la vaccinazione di massa contro Covid 19 – la più grande campagna vaccinale della storia contemporanea dicono i beneinformati – appena pubblicati (siamo ‘solo’ a fine gennaio) dal commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri. Dati della diffusione del contagio che non si capisce bene come vengano raccolti e da chi e come vengano gestiti e mandati dalle Regioni all’Istituto Superiore di Sanità. Una tavolozza di colori cangianti che, in alcuni passaggi, sembra farsi beffa dell’Italia, dei suoi cittadini e della sua economia. Non dovrebbe stupire che gli italiani non nutrano tutta questa fiducia nelle istituzioni. E che poco meno della metà non sia ancora propensa a vaccinarsi (quando mai sarà possibile).

 

E intanto parte la pubblicità progresso ideata da Giuseppe Tornatore per richiamare la popolazione a quel senso di responsabilità verso gli altri che sembrava avessimo ritrovato nei giorni più bui della pandemia, quando ci abbracciavamo virtualmente dai balconi uniti dal canto corale dell’inno nazionale. Ma che inesorabilmente abbiamo perduto, strada facendo.

 

Forse ci vorrà ben altro per riuscire a raggiungere quell’immunità di gregge che ci permetterà di tornare a una vita quasi normale, auspicabilmente prima che si esaurisca l’efficacia degli anticorpi neutralizzanti dei primi fortunati concittadini vaccinati.

 

Bisognerà riuscire a persuadere i nostri vicini di casa, i colleghi di lavoro, gli amici di una vita sul fatto che vaccinarsi è l’unica soluzione sensata per battere questo nemico insidioso e invisibile. Oltre 80 mila persone, dicansi ottantamila, che non ci sono più.

 

Un’idea curiosa per convincere la popolazione a vaccinarsi arriva dagli States: usare una delle app più diffuse per veicolare comunicazioni sociali pro vaccinazione. È il caso della partnership che lega Moderna, titolare del secondo vaccino per Covid approvato negli Usa e poi anche in Ue, e l’azienda di trasporto privato Uber. La grande penetrazione di questa app presso la popolazione americana sarà sfruttata non solo per una campagna di sensibilizzazione alla vaccinazione, ma anche per contribuire a risolvere alcuni aspetti pratici connessi alla vaccinazione di circa 334 milioni di americani: promemoria della vaccinazione e logistica delle persone.

 

Pare infatti che per volere dei chief executive officer di queste due aziende, l’app Uber proporrà sugli smartphone degli abbonati appositi reminder su luogo, data e ora della vaccinazione (e del richiamo).

 

Ma veniamo alla parte logistica, che forse è la più interessante. Uber ha reso noto di aver già messo in conto di erogare 10 milioni di corse gratuite o a tariffa agevolata per supportare i cittadini americani che risiedono in zone lontane dai centri vaccinali e in difficoltà per raggiungerli. Situazione che si verifica spesso nei quartieri periferici e disagiati delle grandi metropoli.

 

Tornando in Italia, si potrebbe forse immaginare qualcosa di analogo per supportare i cittadini che vivono nelle aree remote del nostro Paese, e non solo. Certo da noi i servizi come quello offerto da Uber non sono diffusi come in America, ma per quanto riguarda l’informazione qualcosa potrebbe essere fatto. Magari facendo sinergia con la miriade di app degli operatori dell’home delivery, i vari Glovo, Foodora ecc.

 

E, perché no, con gli specialisti dell’ultimo miglio del farmaco o con le farmacie online – Pharmap, PharmaPrime, Pharmercure, eFarma e via dicendo – che arrivano ormai quotidianamente fino all’uscio di casa. La più parte di esse lavora già direttamente con le aziende farmaceutiche. Potrebbe bastare poco. Un piccolo passo per il delivery, un grande passo per tutti noi.

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