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Tumore seno, test genomico ‘anti-chemio’ inaccessibile

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Questa è una storia di disuguaglianze, che vede protagoniste le donne con cancro al seno. Alcuni tipi di tumore in fase iniziale, già operati, possono essere analizzati con un test genomico per definire la cura con più precisione, evitando la chemioterapia se inutile, e soprattutto il rischio di ritorno della malattia. Sono quelli con recettori ormonali postivi e Her2 negativo (oltre 70.000 nuovi casi all’anno). Ma l’accesso a questo test non è uniforme nel Paese.

Eppure eseguirlo, nelle pazienti in cui è “incerto” il beneficio derivante dall’aggiunta della chemioterapia all’ormonoterapia adiuvate, presenta tre importanti vantaggi. Innanzitutto, aiuta il medico a definire l’utilità reale di proporre una chemioterapia combinata all’ormonoterapia, inoltre può evitare, ogni giorno, di utilizzare una terapia pesante e inutile. Infine rappresenta un risparmio per il Sistema salute, evitando i costi di chemioterapie inutili.

Il test però viene garantito dal Ssn solo a donne residenti in Lombardia, Toscana o a Bolzano, mentre nel restante territorio non è autorizzata la rimborsabilità, nonostante esista ‘sulla carta’ uno stanziamento governativo di 20 milioni di euro, non ancora esecutivo.

Per ‘mobilitare’ verso questo obiettivo è scesa in campo una campagna di sensibilizzazione “Chemio, se posso la evito”, promossa da Europa Donna Italia, che da sempre difende e promuove i diritti delle donne con tumore del seno, con il supporto di Società scientifiche, di Fondazione AIOM, Ropi (Rete Oncologica Pazienti Italia) e altre Associazioni pazienti. La campagna ha raccolto 15 mila firme per estendere a tutte le donne candidabili, a livello nazionale, l’accesso al test genomico favorendone anche la corretta informazione.

Con quest’ultimo obiettivo è nato il Quaderno dedicato al test genomico di Fondazione Aiom e Ropi, che sarà presentato con un webinar lunedì 26 aprile alle 18.00 sui siti www.fondazioneaiom.it e www.reteoncologicaropi.it, da cui il quaderno è già scaricabile gratuitamente.

“Poche donne lo conoscono, invece il test genomico – spiega la presidente di Fondazione Aiom-Ropi, Stefania Gori – in pazienti affette da tumore del seno iniziale, operato, con recettori ormonali positivi, Her2 negativo, linfonodi ascellari sani o con massimo 3 linfonodi metastatici, rappresenta uno strumento efficace per stimare il reale beneficio di una chemioterapia in aggiunta alla terapia ormonale sul controllo di sviluppare una recidiva di malattia dopo la chirurgia. In possesso del risultato di rischio, l’oncologo potrà prescrivere con appropriatezza una chemioterapia adiuvante solo se di beneficio, e la donna potrà avere la certezza di non sottoporsi inutilmente a una cura pesante e con importanti effetti collaterali”.

“Il test genomico – aggiunge Lorena Incorvaia, dipartimento di Biomedicina, Neuroscienze e Diagnostica avanzata, Università degli Studi di Palermo – studia comportamento e interazioni di specifici geni, calcolando in maniera precisa il rischio, ovvero la probabilità che la malattia si possa ripresentare dopo l’intervento chirurgico, in un tumore con le caratteristiche descritte. Sulla misura di questo rischio verrà dunque definita, oppure no, la necessità di proporre cicli di chemio aggiuntivi alla terapia standard. In Italia attualmente ci sono 5 test di analisi di espressione genica, che si differenziano per il numero di geni studiati e per tipo di studi clinici di validazione eseguiti”.

“Ad oggi solo le donne residenti in Lombardia, Toscana e Bolzano – precisa Rosanna D’Antona, presidente Europa Donna Italia – possono accedere al test genomico, sul restante territorio non è rimborsato dal Ssn. Con l’obiettivo di estenderne la fattibilità a livello nazionale, abbiamo promosso una campagna di sensibilizzazione “Chemio, se posso la evito” che ha lo scopo di raccogliere firme (attualmente sono 20 mila) per smuovere e accelerare il processo decisionale di Regioni, Istituzioni e Ministero. Tanto più che esiste già un fondo di 20 milioni di euro stanziato a questo scopo e vi è dimostrazione che la risposta del test genomico evita, ogni giorno, a 22 donne una chemio inutile. Mentre uno studio di farmaco-economia, condotto in Lombardia, attesta un risparmio per il sistema sanitario di 3 mila euro (lo scarto fra 4 mila euro, costo del test, e i 7 mila della chemio) per ogni ciclo di terapia non adeguatamente somministrata, ovvero senza reale beneficio terapeutico per la donna”.

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