Sputnik, il problema del vaccino russo

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Mentre il mondo fa i conti con ritardi e carenze dei vaccini anti-Covid, non c’è settimana senza qualche nuovo ‘guaio’ per questi prodotti. Dopo AstraZeneca e J&J, l’ultimo problema riguarda il vaccino russo Sputnik. Ma di che si tratta? Il prodotto è stato rifiutato dal Brasile “per diversi motivi”, fra cui uno cruciale: conterrebbe “adenovirus replicante”.

A renderlo noto è stata l’Agenzia nazionale di vigilanza sanitaria brasiliana Anvisa, la cui posizione non ha mancato di suscitare un putiferio. “L’ente ha affermato che ogni singolo lotto vaccinale dell’Istituto Gamaleya basato sul vettore virale Ad5 su cui hanno dati sembra contenere ancora adenovirus competente per la replicazione”, scrive l’Adnkronos Salute citando il blog scientifico ‘In the pipeline’, ospitato sul sito di ‘Science’ e curato da Derek Lowe, chimico farmaceutico ed editorialista. L’esperto riporta quanto emerso da un’audizione delle autorità brasiliane per valutare se il vaccino sarebbe stato approvato per l’uso nel Paese.

Ricordiamo che lo Sputnik V è al vaglio dell’Agenzia europea dei medicinali Ema, che ha avviato inviato ispettori in Russia proprio per controlli a livello produttivo. Nel frattempo però diversi Paesi europei, inclusa la Repubblica di San Marino, hanno già acquistato e somministrato il vaccino.

Ma che cosa vuol dire che l’adenovirus sarebbe in grado di replicarsi? Intanto Lowe, nella sua analisi, afferma che “probabilmente” ciò “non causerà grossi problemi alla popolazione vaccinata, ma è un rischio completamente inutile. E se un tale vaccino sta andando a decine di milioni di persone (o più), sembra certo che ce ne saranno alcune danneggiate da questo problema evitabile”. C’è poi chi rincara la dose.

“Il problema di Sputnik sembra essere grave. Il vaccino dovrebbe essere costituito da virus incapace di replicarsi, mentre tutti i campioni analizzati in Brasile contenevano virus in grado di replicarsi. Non stupisce la bocciatura all’unanimità”, chiosa su Twitter il virologo Roberto Burioni, docente all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Ma allora cosa è accaduto? I vaccini basati sul vettore adenovirale sono realizzati rimuovendo la maggior parte delle istruzioni del Dna dell’adenovirus e inserendo il Dna per creare antigeni del coronavirus. Il vaccino Oxford/AstraZeneca ha un adenovirus dello scimpanzé, J&J ha usato il ceppo Ad26, CanSino ha l’adenovirus Ad5 e il vaccino Gamaleya è composto da una prima dose basata su Ad26, seguita da un richiamo con Ad5. “A tutti – aggiunge l’autore del blog – sono state rimosse parti chiave del loro genoma originale per renderli incapaci di replicarsi nell’organismo”.

Quello che è emerso dall’analisi dell’ente brasiliano “mette in discussione l’intero processo di produzione e controllo di qualità“, afferma l’esperto. “Se hai intenzione di realizzare un vaccino competente per la replicazione, gli studi clinici vanno eseguiti con questo”. “Posso capire perché i regolatori brasiliani sono preoccupati”.

Anche perché se il l’adenovirus replica può causare un’infezione nei vaccinati. La decisione dell’Agenzia nazionale di vigilanza sanitaria brasiliana Anvisa di rinviare l’approvazione del vaccino Sputnik V ”è, sfortunatamente, una decisione di natura politica” e ”non ha nulla a che vedere con l’accesso dell’agenzia a informazioni scientifiche”, replicano seccamente dall’agenzia di produzione del vaccino russo. C’è da dire, infine, che nel Paese la vaccinazione non sembra decollare.

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