Covid, dati promettenti su pillola (e vaccino) Pfizer

pillola Pfizer
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Sono estremamente promettenti gli ultimi dati resi noti da Pfizer sugli studi clinici relativi alla pillola anti-Covid ‘Paxlovid’: il farmaco ridurrebbe le conseguenze più gravi dell’infezione da Sars-CoV-2, diminuendo i ricoveri e i decessi tra i pazienti a rischio dell’89% nei casi in cui la pillola è stata assunta nei primi tre giorni dopo la comparsa dei sintomi.

I risultati si basano sull’indagine Epic-Hr che ha coinvolto oltre 2.246 partecipanti, e confermano quelli dell’analisi ad interim pubblicata a inizio novembre dalla multinazionale farmaceutica. Ma le buone notizie, stando a quanto riferisce Pfizer, non finiscono qui: da ulteriori test in vitro, il farmaco risulterebbe efficace anche contro la variante Omicron.

Durante lo studio è stato ricoverato lo 0,7% dei pazienti trattati col Paxlovid contro il 6,5% di quelli trattati con placebo. La riduzione del rischio di ricovero/morte è arrivata fino al 94% nei pazienti con età superiore ai 65 anni, fascia d’età considerata particolarmente a rischio grave. L’efficacia è risultata dell‘88% quando la terapia è stata somministrata entro cinque giorni dalla comparsa dei primi sintomi dell’infezione, con un aumento rispetto all’85% osservato nell’analisi ad interim.

Paxlovid è un inibitore dell’enzima proteasi 3CL del coronavirus Sars-CoV-2 legato al meccanismo di replicazione. La pillola si somministra in combinazione con una piccola dose dell’antivirale ritonavir due volte al giorno per cinque giorni. I dati sono stati condivisi da Pfizer con la Food and Drug Administration (Fda) statunitense nell’ambito di una Rolling review per l’autorizzazione all’uso di emergenza del farmaco.

“Questa notizia fornisce un’ulteriore conferma che il nostro farmaco antivirale, se autorizzato o approvato, potrebbe avere un impatto significativo sulla vita di molti pazienti, poiché i dati supportano ulteriormente l’efficacia di Paxlovid nel ridurre i ricoveri e la morte e mostrano una sostanziale diminuzione della carica virale – ha dichiarato Albert Bourla, presidente e amministratore delegato di Pfizer – Varianti emergenti, come la Omicron, hanno esacerbato la necessità di opzioni di trattamento accessibili per tutti coloro che contraggono il virus e siamo fiduciosi che questo potenziale trattamento possa risultare uno strumento fondamentale per aiutare a frenare la pandemia”, ha aggiunto.

Al di là dell’efficacia di questo tipo di farmaci, non bisogna dimenticare che la vaccinazione rimane l’arma fondamentale per prevenire l’infezione da Sars-CoV-2 e rallentarne la diffusione.

Anche da questo fronte sembrano arrivare risultati incoraggianti nella lotta alla variante Omicron: i primi dati di uno studio condotto in Sudafrica da Discovery Health (il più grande gruppo privato sanitario del Sudafrica) e basato su dati real world, indicano che due dosi di vaccino Pfizer-BioNTech riducono del 70% il rischio di ricovero, percentuale elevata ma inferiore al 93% garantito contro le precedenti varianti del virus.

Altri due studi che arrivano da Israele e Australia (ancora non pubblicati e non sottoposti a revisione) danno indicazioni anche sull’impatto della terza dose, che sarebbe in grado di aumentare la capacità di neutralizzare Omicron rispetto alla doppia dose, ma ridotta di 4 volte rispetto a quella che si ottiene contro Delta.

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