Scuola, svelato il vero ‘effetto divisa’

divisa

L’abito non fa il monaco. Un bimbo o una bimba perfettamente calati nella “mise” scolastica, quasi come se ogni giorno ci fosse la foto di classe, non sarebbero alla fine del percorso della scuola elementare migliori per comportamento o frequenza alle lezioni. Né avrebbero un senso di appartenenza all’istituzione scuola maggiore rispetto a chi magari calca i primi pantaloni che trova a portata di mano o una t-shirt magari stazzonata, con la classe che diventa un arcobaleno vociante di colori.

A dirlo, creando forse un pizzico di sconforto in chi ha nostalgia delle divise da collegio, alla Gian Burrasca per intenderci, così come a coloro che pensano che portare una tenuta unica in tutta la classe, stile college americano, è una ricerca dell’Università Statale dell’Ohio coordinata da Arya Ansari, condotta su oltre 6.230 piccoli dell’età in cui si frequentano le elementari. Le analisi dei comportamenti e dei tratti psicologici sono iniziate alla fine dell’asilo, per poi proseguire nel primo tratto del percorso scolastico.

La “strategia” dell’uniforme, in base a quanto emerge, non sarebbe ottimale né per legare il piccolo all’istituto che frequenta né per migliorarne il comportamento, almeno stando a quanto apparso online su Early Childhood Research Quarterly.

E’ chiaro che non si può fare di ogni erba un fascio, tanto per palare sempre attraverso proverbi. Ma i dati che emergono dallo studio, senza entrare in dinamiche educative complesse ed in speculazioni psicologiche, fanno sicuramente riflettere, pur se arrivano da una realtà geografica, culturale e sociale diversa dalla nostra. Chi apprezza i bambini in uniforme vede in questa sorta di “fratellanza” estetica imposta dalla divisa una specie di passepartout che irrobustisce il senso di appartenenza, limita le possibili bigiate e soprattutto riduce il rischio di atteggiamenti di bullismo, come se la partecipazione della classe fosse in qualche modo resa più solida dall’abbigliamento.

Ma, stando almeno a questo studio che ha previsto valutazioni annuali (vere e proprie pagelle “collaterali” a quelle classiche) da parte dei docenti, questa ipotesi si rivela fallace sul campo. Tre gli aspetti considerati nelle analisi: in primo luogo si sono seguite eventuali dinamiche di ansia e di chiusura in senso sociale, poi le abilità in ambito sociale ed infine gli atteggiamenti di violenza fisica e verbale nei confronti degli altri, oltre ovviamente alle assenze.

Ebbene, si è visto che indossare un uniforme non ha modificato nulla, ovviamente rispetto a scuole in cui questa tenuta di studio non era prevista, anzi questa tendenza alla fine si è rivelata controproducente in questo senso. Insomma: il senso di comunità e l’attenzione all’altro non si creano grazie ad una divisa che mette tutti sullo stesso piano.

Addirittura gli esperti d’oltre Oceano sospettano che questa tendenza ad “uniformare” esternamente i bambini possa addirittura creare dinamiche opposte a quelle desiderate. Meglio tenerlo presente. Con le loro scelte in termini di abbigliamento i piccoli possono anche mostrare alla classe e al corpo docente un’individualità che, in alcuni casi, potrebbe essere “oscurata” anche dalla divisa.

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