Spreco alimentare, 12,6 mld di euro di cibo perso l’anno

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Se in Italia più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) è in sovrappeso e una persona su dieci è obesa (9,8%), dobbiamo fare i conti anche con il problema degli alimenti acquistati e lasciati scadere in frigo, o in dispensa. Nonostante l’aumento dei prezzi, infatti, ogni anno in Italia vengono sprecate oltre 5 milioni di tonnellate di cibo.

Parliamo di qualcosa come 85 chili di alimenti a testa, pari al 15,4% dei consumi alimentari totali con un costo di 12,6 miliardi di euro e oltre 24,5 milioni di tonnellate di carbonio emesse. Perché lo spreco alimentare fa male anche all’ambiente.

In Europa si arriva a 90 milioni di tonnellate, ovvero 180 kg a persona all’anno. Ma anche a livello mondiale i numeri sono allarmanti: il 17% del cibo a disposizione dei consumatori si perde o si spreca, con un costo di mille miliardi di dollari l’anno (dati Fao). A stilare il bilancio degli alimenti nella spazzatura è l’Enea. In occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio, l’Enea pubblica 10 buone pratiche per ridurre lo spreco di cibo.

Al primo posto in questo moderno decalogo anti-spreco compare la vecchia ‘lista della spesa’, per evitare acquisti extra, al secondo il controllo della scadenza dei prodotti, pensando a quando utilizzarli. E ancora, scegliere prodotti che riportano informazioni su tecnologie o ingredienti che aiutano a limitare lo spreco alimentare e più attenzione al destino della confezione a ‘fine vita’ in modo da ridurre la quantità̀ di indifferenziata nell‘immondizia. Fra i suggerimenti anche l’acquisto di prodotti bio e l’inventare nuove pietanze utilizzando gli avanzi di cucina, con fantasia e creatività.

“Lo spreco alimentare non ha solo un costo economico elevato, ma impatta sull’ambiente e le risorse naturali, sul benessere delle persone e sul loro sostentamento”, sottolinea Chiara Nobili della Divisione Biotecnologie e Agroindustria dell’Enea. “Da qui l’importanza di individuare i fattori che determinano perdite e sprechi e le potenziali azioni strategiche di prevenzione e di contenimento nella fase post-vendita, per orientare il consumatore verso modelli di consumo più consapevoli”.

“In questo contesto diviene sempre più importante perseguire obiettivi di prevenzione e riduzione dei rifiuti alimentari, agendo su tutto il sistema, con un approccio differenziato a seconda della connotazione specifica delle singole fasi”, aggiunge Nobili.

Secondo il rapporto ‘dal Rapporto L’economia circolare nelle filiere industriali: i casi Costruzione&Demolizione (C&D) e Agrifood’ la prevenzione degli sprechi rappresenta il primo passo verso la transizione all’economia circolare. E questo specialmente nel settore agroalimentare dove lo spreco inizia in campo, cioè quando la produzione alimentare viene pianificata secondo parametri diversi dall’effettiva domanda di cibo (ad esempio secondo accordi contrattuali con i rivenditori) e finisce dopo l’ultimo piatto cucinato, poiché lo smaltimento dei rifiuti richiede un ulteriore spreco di risorse.

 

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