Cuore, intervento salvavita su neonato macedone

Carlo Pappone cuore
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Un piccolo cuore ‘nato’ due volte. Buona sanità, ma anche ricerca e innovazione, passione e coraggio si fondono nella storia di Andrei, neonato macedone di appena 80 giorni di vita, affetto da una grave patologia del cuore e giudicato inoperabile. Andrei, affetto dalla sindrome di Wolff Parkinson White, è infatti il più piccolo paziente al mondo con 3 vie accessorie atrioventricolari (ovvero 3 fili elettrici capaci di creare cortocircuiti nel cuore e portare la frequenza oltre i 250 battiti al minuto) a essere stato sottoposto – con successo – ad ablazione cardiaca.

L’intervento eccezionale è stato eseguito all’Irccs Policlinico San Donato di Milano (Gruppo San Donato) dal team di Carlo Pappone, responsabile dell’Unità Operativa di Aritmologia Clinica e del Laboratorio di Elettrofisiologia dell’Irccs. Ma di che si tratta? L’ablazione cardiaca è una procedura che sfrutta la capacità delle sonde di produrre onde elettromagnetiche che distruggono il tessuto patologico nel cuore.

Il piccolo Andrei soffriva, come detto, della sindrome di Wolff Parkinson White, patologia congenita che comporta una frequenza del battito cardiaco elevatissima e che lo ha costretto in terapia intensiva sin dal suo primo giorno di vita. Normalmente il cuore, infatti, è attraversato da un solo filo elettrico, che ne consente il regolare battito. Quella di Andrei, con tre fili elettrici accessori, è una sindrome che colpisce 1 bambino ogni 5000.

La storia di Andrei inizia nella clinica di Skopje dove è nato e dove lo staff medico non è stato in grado di formulare una diagnosi corretta, spingendo Sara e Milko a rivolgersi ad altre strutture ospedaliere della capitale macedone nella speranza di poter dare al figlio le cure adeguate. L’ultima clinica contattata è riuscita a formulare la diagnosi, ma si è trovata nell’impossibilità di operare per la mancanza di cardiologi specializzati che potessero affrontare un caso così complesso, fanno sapere dall’Irccs milanese.

I genitori di Andrei non si sono arresi e hanno contattato diversi centri europei, ma nessuno ha ritenuto che ci fossero le condizioni per eseguire l’intervento, considerato complicato e ad alto rischio. I pochi giorni di vita del bambino e l’estrema complessità dell’artimia pregiudicavano la buona riuscita di qualsiasi operazione cardiochirurgica. La prassi, infatti, prevede che la sindrome di Wolff Parkinson White venga trattata mediante cure farmacologiche. I pazienti sono sottoposti all’intervento di ablazione soltanto intorno ai 16 anni. Tuttavia Andrei non sarebbe sopravvissuto a lungo, considerando la tachicardia incessante e il mancato successo delle cure con i farmaci.

Così Milko ha contattato il professor Pappone, che ha esaminato il caso e ha deciso di intervenire. Nonostante le difficoltà economiche e le resistenze della clinica di Skopje, i genitori sono riusciti, grazie a un fondo governativo macedone che ha finanziato il loro viaggio, a trasferire il bambino in Italia con un aereo militare. L’Irccs Policlinico San Donato ha messo disposizione un’ambulanza per il trasporto dall’aeroporto all’ospedale.

Poi è arrivato il momento dell’intervento. L’équipe  di Pappone è ricorsa all’utilizzo di sondini di piccolissime dimensioni che potessero adattarsi al bambino. Sfruttando la circolazione arteriosa e venosa, le 3 vie accessorie atrioventricolari sono state prima mappate e poi ablate.
L’operazione è riuscita e, dopo alcuni giorni trascorsi in terapia intensiva, Andrei è ora pronto a tornare in Macedonia con i suoi genitori, fanno sapere i sanitari.

“Siamo contenti del risultato ottenuto – ha spiegato Pappone – perché al di là della buona riuscita dell’operazione e del suo indiscutibile contributo scientifico, ciò che conta davvero per noi è aver salvato la vita del piccolo Andrei e aver ridato fiducia e speranza ai suoi genitori, di cui ammiro profondamente la tenacia e la volontà di non arrendersi. Eseguire questa ablazione sembrava una impresa fuori dalle possibilità attuali della pratica clinica, ma io sapevo che era possibile, avendo già eseguito nella mia vita professionale migliaia di questi interventi, ma questa volta ero difronte al più piccolo di sempre”.

Un’impresa complessa. “La provvidenza ha mosso e ispirato le mie mani ridando la vita a questo neonato. Sono questi i momenti in cui un medico scopre di essere importante e utile”, ha concluso Pappone.

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