Covid, se per mezza Italia il peggio è passato

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Dopo un inverno alle prese con file per fare i tamponi, segnalazioni dei positivi a scuola e reclusioni in casa dopo aver avuto contatti a rischio (o aver contratto Covid-19), per quasi un italiano su due il peggio è passato. Un ottimismo che ‘contagia’ anche il ministero della Salute, forte dei dati della protezione vaccinale.

“Guardiamo alle prossime settimane con maggiore fiducia: finalmente abbiamo una percentuale molto alta di persone vaccinate e dopo molte settimane finalmente vediamo la curva piegarsi”, ha detto Roberto Speranza nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Così non stupisce troppo che per quasi un italiano su due (41%) la fine della pandemia sia ormai vicina. Secondo l’indagine realizzata dall’EngageMinds Hub, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona (sulla base di dati recentissimi, raccolti ed elaborati tra fine gennaio e inizio febbraio) su un campione di oltre 7000 italiani, rappresentativo dell’intera popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione, la metà (49%) ritiene che oggi Covid-19 sia meno pericolosa di prima: a settembre 2021 era il 37% e a marzo 2021 era solo il 19% a pensarla così.

“Gli italiani hanno ora necessità di ‘voltare simbolicamente pagina’, riconquistandosi spazi di libertà di vita ma soprattutto riacquisendo capacità progettuale sul proprio prossimo futuro – commenta Guendalina Graffigna, ordinario di Psicologia dei consumi e della salute e direttore dell’EngageMinds Hub dell’Università Cattolica – Una necessità frustrata a più riprese dalle precedenti ondate della pandemia ma che ora più che mai diventa necessaria per dare ossigeno anche sul piano psicologico“.

Inoltre si mantiene stabile il timore di nuove varianti del virus Sars-Cov-2, ma tutto sommato su livelli non elevati, cioè pari al 28%. Mentre si fa sentire “l’effetto Omicron”, visto che sulla questione specifica del percepirsi a rischio di contagio risponde positivamente il 38% del campione, una percentuale in forte aumento dal settembre scorso, quando era il 26%.

Insomma, secondo i ricercatori gli italiani sono pronti e consapevoli a convivere con il virus, “riappropriandosi di qualche libertà persa ma senza comportamenti superficiali”. Con qualche eccezione. Se “gli over 60, che da inizio pandemia si sono sempre mostrati tra i più cauti”, oggi si rivelano meno preoccupati della media nazionale (28% contro 38%), lo sono “assai meno dei trenta-cinquantenni” fascia dove in Italia risiede la maggior parte dei non vaccinati, “che a fronte di un atteggiamento più sicuro nel passato, oggi, per il 42% dei casi denunciano particolare preoccupazione verso il rischio di contagio”, dice Graffigna.

Ottimismo, dunque, con ancora parecchie sfumature. E una certezza: “Fra le lezioni di questa stagione così difficile c’è quella che nessuno si salva da solo”. Saremo fuori dalla pandemia Covid “solo quando ogni Paese ne sarà fuori”, ha ribadito Speranza. “E così come abbiamo sviluppato un impegno enorme nel nostro Paese e in Europa, dobbiamo lavorare in una sinergia globale internazionale molto solida e determinata, perché questa sfida della vaccinazione globale venga portata in ogni angolo del pianeta. Ancora oggi purtroppo ci sono troppi pezzi del mondo con percentuali residuali” di copertura vaccinale. “Questo è sbagliato sul paino etico e valoriale, ma è anche sbagliato sul piano sanitario, perché può lasciare la possibilità che nuove varianti più sfidanti si presentino al nostro cospetto”, avverte il ministro.

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