Scienza e vaccini, i 4 fattori chiave del negazionismo

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Volete conoscere gli ingredienti che compongono la ricetta della negazione della realtà scientifica? Andate a leggere quanto riporta Pnas, la rivista dell’Accademia americana delle Scienze, e troverete le quattro componenti che indirizzano le scelte antiscientifiche. Ovviamente con un “condimento” del tutto personale, ovvero la tendenza ad affidarsi a fonti non propriamente scientifiche.

I quattro fattori chiave nell’atteggiamento di chi non crede nel valore dei vaccini, considerando ovviamente il momento storico che viviamo con le molte persone perplesse sia sul ciclo vaccinale finora eseguito per Sars-CoV-2 sia sulla quarta dose, sono stati messi in fila da un team di esperti coordinati da Aviva Philipp-Muller dell’Università statale dell’Ohio (oggi lavora all’Università Simon Fraser) e Richard Petty, della stessa Università dell’Ohio.

Gli elementi che compongono il piatto forte del negazionismo scientifico sono la presunta mancanza di credibilità delle fonti scientifiche, l’identificazione con gruppi che hanno atteggiamenti antiscientifici (in questo caso i social media diventano lo strumento principe della condivisione di principi non propriamente ortodossi sul fronte scientifico), l’antitesi tra i concetti scientificamente corretti con le credenze costruite nel tempo dall’individuo e infine la discrepanza tra le modalità di presentazione di una teoria acclarata da dati scientifici e i convincimenti del singolo.

In tutto questo, non va mai dimenticato quanto i vaccini possano “pagare” in termini di successo la loro azione preventiva: evitando le malattie o quantomeno riducendone i rischi più seri, come avviene nel caso di Covid-19, a volte possono non essere riconosciuti per il loro valore. Ovviamente, oltre a cercare di comprendere cosa davvero può spingere una persona a costruirsi un mosaico di conoscenze che nega completamente la realtà che emerge dalla scienza, lo studio pubblicato su Pnas tenta di andare oltre e prova a fornire qualche elemento per influire positivamente sul pensiero di chi nega l’evidenza scientifica.

La chiave di comprensione per riuscire ad offrire una giusta “spinta” scientifica verso una scelta razionale sembra passare attraverso la necessità di aiutare le persone che non si affidano alla scienza è dare le risposte su misura per il conflitto tra realtà scientifiche e pensiero o convinzioni maturate con l’esperienza. L’elemento che sicuramente ha contribuito a scatenare questa sorta di discrepanza, facendo progressivamente perdere alle vaccinazioni il ruolo ampiamente assodato nella strategia di protezione del singolo e della comunità, sembrano essere stati proprio i social media ed i tanti siti di news più o meno affidabili con i loro algoritmi che creano meccanismi di “bolle” per agevolare il confort di chi si muove al loro interno.

In pratica, ogni persona può ritrovare nella rete contenuti che in qualche modo conforta la versione soggettiva dei fatti cui intende prestare fede. Ma in questo percorso, sempre a detta dei ricercatori americani, un ruolo importante l’avrebbe avuta anche la radicalizzazione delle idee politiche, che sotto l’aspetto psicologico sono entrate nella percezione stessa dell’identità personale, al punto di invadere anche le scelte di salute influendo su esse.

In questo senso, secondo gli esperti d’oltre Oceano, tematiche di ampio respiro come appunto le vaccinazioni o il cambiamento climatico vanno a modificare convinzioni preesistenti. Così capita che il mix tra feed di notizie personalizzate e radicalizzazione delle posizioni rafforzi convinzioni personali non propriamente basate su solide realtà scientificamente provate. E che ognuno possa “scegliere” cosa intende considerare per rafforzare le proprie opinioni a volte sbagliate. C

ontromisure? Riconoscere il valore delle preoccupazioni di chi non si affida alla scienza, per affrontarle adattando i messaggi al “target” e mostrando quanto sia preferibile la posizione scientifica. Facile a dirsi. Ma come mostra ogni giorno la realtà, difficile a farsi. Di certo c’è che solo con lo scambio di opinioni si può arrivare alla condivisione della realtà scientifica. Anche perché lo scontro frontale non sembra pagare, secondo l’analisi di Petty e Philip-Muller, che indicano una via maestra per chi deve comunicare la scienza: partire dai punti condivisi per provare a scalfire il muro del negazionismo. A volte il messaggio semplice ed accurato può non bastare.

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