Francesco Divella: Per l’agro-alimentare l’inflazione è a doppia cifra

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Parla Francesco Divella, amministratore delegato del Gruppo. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di luglio-agosto 2022 .

Rutigliano è una ridente cittadina pugliese, dove dal 1890 pasta si dice Divella. Nata dall’intuizione dei fratelli Francesco e Agostino Divella, oggi l’azienda conta circa 350 dipendenti diretti e 150 indiretti, e ha da sempre concentrato la produzione negli stabilimenti pugliesi.

Fatturato consolidato intorno ai 300 mln, con circa 100 mln di export, in progresso del 6-7%. Questi i dati del gruppo Divella per il bilancio 2020. La pandemia aveva accelerato le vendite di pasta, conserve vegetali, farine e biscotti, nel canale della distribuzione moderna, andando oltre la chiusura dell’Horeca.

Abbiamo chiesto all’Ad Francesco Divella se i dati fossero confermati anche per il 2021/22. Ci ha raccontato di come “dopo la pandemia, anche la guerra, soprattutto a marzo 2022, ha indotto le persone a fare scorte di pasta, ma di fatto i consumi sono rimasti invariati. Il nostro fatturato 2022 si attesterà attorno ai 330 mln di euro”. In Italia, nel tempo, i consumi di pasta sono di fatto anche diminuiti “erano di 29 kg annui pro capite dieci anni fa, oggi si sono ridotti a 23 kg. Aumentano però i numeri delle esportazioni di pasta nel mondo”. I mercati migliori sono Francia e Germania, seguite da USA e Canada. “Stiamo provando ad approcciare anche il mercato cinese, a oggi Shangai e Hong Kong sono due grandi importatrici di pasta, ma non ancora Pechino”.

Sul mercato locale si sta sperimentando la produzione 100% grano duro italiano, ma questo può valere esclusivamente per la produzione di pasta integrale che, nel caso di Divella, riporta già l’indicazione sul packaging. “In realtà la filiera della pasta raffinata deve essere necessariamente integrata da grani internazionali, ma questo già prima della pandemia e della guerra. Nel 2021 si è registrata un’annata scadente per la raccolta, con una resa al 40%, di molto inferiore alla media, che di solito si attesta attorno al 60% del fabbisogno utile alla produzione”.

L’azienda importa prevalentemente dall’Australia, per destagionalizzare, mentre il grano che serve per integrare la qualità proteica viene dall’Arizona e dal Canada, e parliamo di grano duro, quindi della produzione di pasta, non integrale, che invece punta sempre su grani blanded. “Per quanto riguarda pasticceria e panificazione, parliamo quindi di grano tenero, siamo ancora più deficitari sulle materie prime a livelli di produzione nazionale, e integriamo con derrate provenienti Ucraina, Mar Nero e Russia, ma anche Spagna e Francia”.

In Italia è partita la sfida dei brand a suon di grano 100% italiano. E ci sono delle filiere di pasta raffinata che hanno scelto questo standard. “Divella ha voluto fare una scelta di marketing differente, restando sulle due linee di prodotto, quella integrale con grano 100% italiano, e la pasta tradizionale prodotta con grano misto. Si sbaglia a considerarla di qualità inferiore, anzi è vero il contrario, perché spesso il grano straniero viene utilizzato anche per aumentare il valore proteico del prodotto finito”.

Quella del mercato del grano è una questione complessa, considerando che le quotazioni in borsa del cereale creano di fatto un mercato aleatorio: “Si fa tanto fatturato di rilancio, nel comprare nel momento opportuno”, e questa è una considerazione che deve essere estesa a tutta la filiera italiana.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di luglio-agosto 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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