Dalla polipillola ai farmaci antidiabete salva-cuore

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Una polipillola composta da tre farmaci, un antipertensivo, una statina e l’aspirina, in grado di ridurre del 30% il rischio di ictus e infarto in chi ha già avuto un attacco cardiaco. Ma anche una classe di medicinali nati in origine contro il diabete, rivelatisi preziosi contro lo scompenso cardiaco. Tanto da ridurre mortalità e ricoveri in tutti i pazienti, indipendentemente dalla gravità della malattia. Le novità della ricerca salva-cuore sono state presentate nei giorni scorsi all’Esc 2022, il meeting annuale della European Society of Cardiology.

La polipillola

La pillola ‘tre in uno’ è stata esaminata da un studio internazionale, condotto in 113 centri di 7 Paesi, tra cui l’Italia, su oltre 2500 persone seguite per tre anni. Pazienti che avevano subito un infarto miocardico nei sei mesi precedenti. Lo studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine mostra come solo il 9,5% delle persone che avevano assunto la polipillola è andato incontro a mortalità cardiovascolare, a un secondo infarto, un ictus o è stato sottoposto a un’angioplastica o altri interventi al cuore, rispetto al 12,7% del gruppo sottoposto al trattamento standard.

“La polipillola, contenente aspirina, un Ace inibitore e una statina – ha detto commenta Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di cardiologia – è risultata più efficace dei trattamenti standard nel ridurre il rischio cardiovascolare in pazienti con precedente infarto miocardico, senza però incidere per la mortalità per tutte le cause”. Si tratta di un medicinale più comodo, in quanto combina diversi farmaci in una sola pasticca che viene assunta una sola volta al giorno, “semplificando così la terapia e migliorando l’aderenza terapeutica. I risultati di questo studio suggeriscono che la polipillola potrebbe diventare parte integrante delle strategie di prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti post-infarto”. Ma attenzione, il ‘tre in un’ ha anche degli svantaggi. “Non si tratta di una combinazione ‘magica’. La polipillola – ha avvertito Indolfi – non consente l’ottimizzare della terapia e potrebbe esserci il rischio di sotto dosaggio, a causa dell’impossibilità di regolare i singoli componenti sulla base delle esigenze di ciascun paziente. Infine, permane anche un ostacolo pratico, come la mancanza di interesse commerciale”.

Gli antidiabetici salva cuore

Lo scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) è l’esito finale di tutte le cardiopatie e si verifica quando il cuore non riesce più a pompare sangue a sufficienza: causa, perciò, un peggioramento della qualità di vita e della capacità di affrontare le attività quotidiane, oltre a frequenti ricoveri, fino a una maggiore mortalità. In Italia l’insufficienza cardiaca colpisce circa il 2% della popolazione ed è in aumento soprattutto negli over 65, con una mortalità del 20% nelle sue forme più gravi. Questa patologia assorbe il 2% della spesa sanitaria nazionale ma si tratta di costi per il 60% dedicati ai ricoveri e solo per il 10% ai farmaci.

Definite dalle Linee Guida internazionali “capaci di cambiare la storia naturale della malattia”, le glifozine (o SGLT-2), nate come antidiabetici, si confermano farmaci rivoluzionari per lo scompenso cardiaco, in grado di ridurre mortalità e ricoveri. E questo indipendentemente dalla gravità della malattia. Il dato emerge dallo studio Deliver, presentato all’Esc e pubblicato sul New England Journal of Medicine. “I risultati – commenta Ciro Indolfi – sono stati ottenuti anche in pazienti per i quali a oggi non esistono opzioni terapeutiche per scongiurare l’evoluzione della malattia: considerati insieme ai dati già emersi in precedenti studi sui pazienti con una funzionalità cardiaca molto compromessa, le evidenze indicano che dapaglifozin è efficace e può diventare un pilastro fondamentale per la terapia in tutti i pazienti con scompenso cardiaco”.

Lo studio ha coinvolto 353 centri di 20 Paesi su oltre 6.000 pazienti, con età media di 72 anni. “I risultati – sintetizza Indolfi – mostrano che questo inibitore SGLT2 è una svolta nella cura,  impedendo la progressione dello scompenso con una riduzione degli eventi avversi del 21%, mentre la probabilità di morte è diminuita del 12%”. Il tutto con un’ottima tollerabilità. “Ora – precisa Indolfi – siamo in attesa che le linee guida, già aggiornate lo scorso anno per l’insufficienza cardiaca, siano ulteriormente modificate per includere l’utilizzo esteso del farmaco dapaglifozin”.

A inizio anno l’Italia ha recepito la nuova indicazione terapeutica, già approvata da Ema nel 2021: oggi dapaglifozin è rimborsabile per la cura dello scompenso in pazienti con e senza diabete di tipo 2, ma finora solo per i pazienti che presentavano una riduzione della contrattilità cardiaca.

“I nuovi dati ne allargano l’indicazione, suggerendo che possa essere prescritto indipendentemente dalla funzione cardiaca – afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia – Si tratta perciò di un’ottima notizia per più di un milione di italiani che soffrono di questa grave patologia. Questa nuova classe di farmaci agisce con un meccanismo metabolico del tutto nuovo e consentirà di evitare molti ricoveri e decessi”.

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