Planted: la ‘carne’ vegana finanziata con 70 milioni

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Christoph Jenny è flexitariano. “Flessibile e non fanatico”. Predilige cioè un modello di alimentazione di tipo vegetariano senza rinunciare ad alimentarsi sporadicamente di proteine animali. Come lui, lo sono molti altri dipendenti di Planted, la startup foodtech nata a Zurigo nel 2019 come spin-off del Politecnico svizzero ETH. Che oggi, dopo un primo finanziamento di 36 milioni di euro chiuso l’anno passato, ha chiuso con successo il suo round di finanziamento di serie B per 70 milioni di euro.

Il round è stato guidato da L Catterton, la più grande società di private equity globale focalizzata sui consumatori. Planted utilizzerà i fondi per lanciare la sua nuova linea di prodotti a taglio intero, tra cui il ‘petto di pollo’. Proseguire la sua espansione internazionale e aumentare la capacità produttiva.

“Il target principale di Planted è il pubblico flexitariano”, ha spiegato Christoph Jenny – co-founder di Planted – a Fortune Italia.

“Molti di noi amano la consistenza e il sapore della carne. Ma non più a qualunque prezzo”.

La consapevolezza di dover proteggere il nostro pianeta e gli animali cresce sempre più rapidamente tra i consumatori. E conseguenzialmente la domanda di alternative alle proteine animali.

Lo sa bene anche la Nestlé, che ha da poco lanciato sul mercato i nuovissimi KitKat vegani. Avendo prima studiato a lungo una ricetta che ricordasse il più possibile il gusto dei famosi wafer ricoperti di cioccolato originali.

Lo sanno bene tutte le aziende, non solo alimentari, che oggi si orientano verso scelte sostenibili che abbiano poco o zero impatto ambientale.

E lo sa Planted.

Christoph Jenny è convinto che la rapida evoluzione rispetto ai 36 milioni di euro raccolti nel 2021 rifletta la forza dell’azienda sul mercato e per gli investitori. “Siamo orgogliosi di essere un’azienda giovane di proteine alternative con la crescita più rapida in Europa. Abbiamo mercati consolidati di Svizzera, Germania, Austria e Francia. E ora ci avviciniamo in nuovi mercati come il Regno Unito e l’Italia, dove siamo presenti in circa 130 ristoranti e punti vendita”.

Il regime alimentare vegetariano o vegano non è più solo una moda. “Un italiano su cinque acquista abitualmente prodotti plant-based. E una dieta priva di carne è comune in tutte le fasce d’età, con una forte incidenza negli under 30 che dichiarano sempre più frequentemente di aver adottato un regime vegano o vegetariano”, afferma Jenny.

“Questa tendenza contribuirà a plasmare la cultura alimentare delle prossime generazioni. Ecco perché noi di Planted siamo convinti che in futuro le proteine biostrutturate supereranno la carne animale per gusto, sostenibilità, salubrità, efficienza e costo”.

Il giro d’affari attuale per i prodotti plant-based si aggira intorno ai 150 milioni di euro, con una crescita prevista del 12% rispetto al 2021. Il punto fermo della strategia di crescita di Planted, secondo Jenny, è quella “value proposition che fa leva su gusto e texture distintivi, un’etichetta pulita e sulla naturalità di una gamma prodotti che comprende anche edizioni limitate realizzate in stretta collaborazione con chef stellati”.

La sfida da vincere è anche culturale. E parte dal presupposto che “le attuali tecnologie e soluzioni per la carne a base vegetale non sono in grado di sostituire più dell’1-3% del consumo di carne e quindi non hanno l’impatto sufficiente sul nostro sistema alimentare. I consumatori sostengono che ciò sia dovuto alla mancanza di gusto, a un prezzo generalmente poco accessibile e a ingredienti discutibili. Affinché i consumatori abituali di carne si convertano, è fondamentale creare una ‘carne’ migliore di quella proveniente dagli animali, vale a dire migliore per gusto, prezzo, impatto ambientale, buoni ingredienti e salubrità. Sono questi i parametri su cui ci concentriamo”, continua.

L’obiettivo è quello di portare la produzione Planted nella ristorazione e, successivamente, sugli scaffali degli operatori retail (street food, dark kitchen, hotel).

E a proposito del prezzo e di chi lamenta i costi elevati dei prodotti plant-based, Jenny riferisce: “Non è proprio così. Per il ‘petto di pollo’, ad esempio, ci posizioniamo nella fascia di prezzo intermedia tra polli allevati free-range e polli biologici. Ma una battaglia da sostenere è quella del taglio degli ingenti sussidi che l’industria della carne riceve e che sono il motivo principale del basso costo delle proteine animali attualmente in commercio. I sussidi che la catena di produzione della carne e delle proteine animali riceve causano uno forte squilibrio che va a nostro svantaggio. Dobbiamo cambiare le cose e renderci conto del vero costo che ha il nostro consumo di proteine”.

Tuttavia, il gap di prezzo si sta gradualmente attenuando, man mano che Planted aumenta la propria produzione e raggiunge economie di scala. E Christoph Jenny ne è sicuro: “Siamo ormai sulla buona strada per continuare su questa tendenza. Basti pensare che a maggio 2022 abbiamo raddoppiato i volumi di produzione e diminuito i prezzi”.

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