Dispositivi medici, imprese contro la maxi-tassa nel decreto Aiuti Bis

Massimiliano Boggetti
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Non bastavano la crisi delle materie prime e quella dell’energia. Le imprese che producono tecnologie per la salute rischiano di finire in ginocchio per colpa del decreto “Aiuti bis”, che impone una ‘tassa’ da 2 miliardi di euro. Una misura iniqua e dannosa, sostengono le aziende specializzate in dispositivi medici, che oggi hanno acquistato una pagina su numerosi quotidiani per chiarire le proprie ragioni.

“Si tratta di un peso insostenibile per le aziende della salute, figlio di una norma iniqua che piomba sul comparto nel momento peggiore”, afferma l’associazione di categoria Confindustria Dispositivi Medici, che rappresenta le imprese produttrici e distributrici di tecnologie per la salute,  nel suo appello sui quotidiani.

Ma che cosa è successo? Da tempo le aziende del farmaco contestato il criterio del payback. Ora il sistema di tassazione del payback, pensato oltre otto anni fa e mai applicato, è stato  inserito del decreto legge “Aiuti bis”, che, con l’articolo 18, definisce le regole per l’applicazione di un sistema di compartecipazione delle imprese allo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria. Obbligando l’industria dei dispositivi medici a un esborso di oltre 2 miliardi.

“Davanti alla necessità delle regioni di ripianare le spese dovute a Covid, col decreto ‘Aiuti bis’ si decide di applicare una misura che colpisce pesantemente un comparto strategico per il Paese – tuona il presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti – che ha la responsabilità di produrre salute e non può permettersi di interrompere il pubblico servizio privando le strutture sanitarie degli oltre 1,5 milioni di tecnologie essenziali per la diagnosi, la cura e la riabilitazione delle persone”.

Il payback, oltretutto, “grava sulle aziende in un momento già drammatico per la nostra economia e contribuisce a creare un clima di insicurezza che impatta sull’innovazione e sugli investimenti. Le aziende che hanno negli anni partecipato a gare in cui sono stati definiti prezzi e quantità, dopo quasi 10 anni si vedono richiesta una contribuzione del 50% dello sforamento della spesa regionale, di cui non hanno responsabilità. Un colpo che mette a rischio la sopravvivenza delle imprese e le forniture del servizio sanitario”, avverte Boggetti.

Il comparto delle tecnologie per la salute complessivamente genera in Italia un mercato che vale 16,2 miliardi di euro tra export e mercato interno e conta 4.546 aziende, che occupano 112.534 dipendenti.

“Pandemia, guerra, crisi energetica e delle materie prime stanno già mettendo a dura prova la tenuta del comparto dei dispositivi medici – sottolinea l’associazione – che conta in Italia 4.546 imprese e occupa 112.534 addetti, protagonista della prima fase della pandemia da Coronavirus, e fondamentale nel rilancio della sanità pubblica e privata”.

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