Infermieri, come contrastare stress e burnout

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Diciamolo. In Italia il personale infermieristico è carente, in un panorama che vede tutta la professionalità sanitaria sottodosata rispetto alle necessità. Per il personale paramedico qualificato, sarebbero più di 65.000 gli infermieri che mancano, con le maggiori carenze riscontrate al Nord, seguito da Sud e isole e dal Centro. Lo dicono i dati della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi).

In questo panorama, tuttavia, ci sono altri aspetti che vanno considerati. O meglio, a prescindere dalle oggettive carenze numeriche, è importante valutare anche quanto e come chi lavora in sanità si senta apprezzato e sia motivato a proseguire nella sua opera.

Su questo fronte, in una logica di ricompensa che probabilmente deve veder riconosciuto tangibilmente (e non solo sotto il versante economico), il valore della professionalità, la variabile che può fare la differenza è il manager sanitario.

I dirigenti, riconoscendo la valenza del lavoro degli infermieri, sarebbero le chiavi per far permanere l’infermiere nella sua struttura, perché viene riconosciuto come fondamentale proprio da chi organizza il suo lavoro. Il tutto, oltre a rivelarsi di maggior soddisfazione per l’operatore, diventa anche un passaggio per aumentare l’efficacia dell’intervento sanitario e quindi può avere impatto sul paziente.

Occorre quindi che chi svolge compiti così importanti nella routine dell’assistenza veda riconosciuto appieno il suo valore. A sancire questa realtà è un’analisi che svolta dagli esperti dell’Accademia Sahlgrenska, presso l’Università di Göteborg, diventata un libro e poi riportata nelle sue logiche in due pubblicazioni apparse su Scandinavian Journal of Psychology e su Journal of Health Organization and Management.

Stando ai risultati del progetto che ha guidato la ricerca, coinvolgendo tanto dirigenti sanitari quanto infermieri, quando questi ultimi si accorgono che l’organizzazione in cui operano si occupa di loro e soprattutto ne apprezza l’attività tendono a subire meno lo stress ed il burnout. Ma l’effetto più significativo sta nel fatto che sono più portati a operare in squadra, a percepire il loro lavoro come di maggior valore e, in ultima istanza, a ridurre il rischio di trasferimenti con ripercussioni sull’organizzazione. In questo, chi è responsabile del lavoro degli altri, dai vertici dell’azienda fino ai superiori gerarchici, con la sua presenza e disponibilità diventa l’elemento discriminante. 

Alla base di queste osservazioni, come riportano gli studiosi scandinavi, c’è il concetto di Perceived Organizational Support (POS). I dipendenti hanno necessità di avere la percezione di quanto l’organizzazione apprezzi il loro lavoro e tuteli il loro benessere. Se queste percezioni sono positive, si generano meno attriti di carattere etico, chi lavora è più soddisfatto e riesce a prendersi cura meglio dell’assistito. Non essere in grado di fornire ai pazienti cure ottimali, quando ovviamente l’infermiere vive un valore più profondo e diametralmente opposto come fondamentale, può diventare una sorta di “propellente” per insoddisfazione e burnout. Chi invece ha un forte sostegno dal superiore, testimoniato direttamente, tende ad incontrare minori difficoltà sotto l’aspetto etico. 

Sia chiaro. Lo stress professionale va riconosciuto e affrontato, anche e soprattutto per chi opera in ambito sanitario. E bisogna fare attenzione a non “scombinare” la percezione di un equilibrio tra sforzo e ricompensa, in un modello che vede lo stress manifestarsi quando a fronte di un impegno spiccato per chi lavora si fa difficoltà ad offrire ricompensa.

Attenzione: il riconoscimento non deve essere visto solamente come finanziario. Con la parola ricompensa oltre al possibile guadagno economico si intende anche l’approvazione sociale, la stabilità al lavoro, il piacere di fare ogni giorno il meglio. E questo va riconosciuto. Per chi opera nella sanità, dove l’aspetto umano è fondamentale, dimenticare di offrire il giusto riconoscimento diventa controproducente per l’organizzazione. E per il lavoratore.

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