Povertà, il record storico in Italia e l’effetto dei cambiamenti climatici

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Non solo guerra, crisi dell’energia e Covid-19. Tra le sfide che il nuovo governo si troverà di fronte c’è anche la povertà. Negata, dimenticata a lungo e addirittura proclamata sconfitta, in questi anni di pandemia ha raggiunto livelli record in Italia.

I dati appena diffusi dalla Caritas ce lo mostrano chiaramente: nel 2021 la povertà assoluta conferma i massimi storici toccati nel 2020. Con quasi due milioni di famiglie in povertà assoluta: per la precisione 1 milione 960 mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4%della popolazione residente).

A farci saltare sulla sedia dovrebbero essere i dati relativi alle età: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori – in Italia vivono quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri – all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (un valore sotto la media nazionale).

L’Italia delle culle vuote non è, decisamente, un Paese per bambini e ragazzi. Ma forse non stupisce che proprio quello che il report definisce “l’anello debole“, risenta più degli altri del cambiamento climatico.

Anche qui ci troviamo di fronte a un fenomeno negato (troppo) a lungo, che però sta cambiando le società in diverse aree del pianeta. Tuttavia i suoi impatti variano in maniera notevole: siccità e precipitazioni estreme sono dannose soprattutto per le persone più povere.

A certificarlo è uno studio scientifico appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), dai ricercatori e ricercatrici dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e di EMbeDS (Economics and Management in the era of Data Science della Sant’Anna).

Combinando 40 anni di dati su variabili climatiche e di disuguaglianza di reddito per oltre 100 Paesi, lo studio dimostra che le anomalie climatiche hanno aumentato le disuguaglianze di reddito.

“Gli impatti sono notevolmente più forti nei Paesi che dipendono largamente dal settore agricolo, fino a 35 volte superiori se li compariamo con un Paese sviluppato. In queste aree, le persone meno abbienti spesso lavorano nel settore primario e la loro sussistenza dipende dalle piogge”, sottolinea Elisa Palagi, autrice dello studio e ricercatrice dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna. “Quello che è più preoccupante è che le economie più esposte a questi shock climatici, come ad esempio quelle di molti Paesi sub-sahariani, sono anche quelle che partono da livelli di disuguaglianza particolarmente elevati”.

Insomma, sembra una battuta ma anche nel caso della povertà “piove sul bagnato: molto probabilmente il cambiamento climatico acuirà le disuguaglianze di reddito nel prossimo futuro”, continua Matteo Coronese, autore dello studio e ricercatore dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna. “Le nostre proiezioni non soltanto indicano che l’86% dei Paesi nel mondo diventerà più povero a causa del cambiamento climatico, ma anche che le disparità di reddito aumenteranno. Nel peggiore degli scenari, i Paesi che dipendono fortemente dall’agricoltura vedranno un aumento del 45% della disuguaglianza di reddito, esclusivamente come conseguenza di anomalie di precipitazione. Se consideriamo anche le anomalie di temperatura, l’aumento atteso arriva al 78%”.

Oltretutto “vi sono specifiche aree del mondo, come l’Europa, dove gli impatti proiettati sono positivi per alcuni Paesi e negativi nelle economie confinanti. Questo porterebbe ad un aumento delle disparità regionali”, rincara la dose Francesco Lamperti, docente dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna ed economista presso Resources For the Future – Centro Euro-Mediteranneo sui Cambiamenti Climatici.

La buona notizia è che c’è margine di intervento. “I nostri risultati sottolineano l’urgente esigenza di politiche di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico, combinate con interventi mirati a limitare le disuguaglianze e a favorire lo sviluppo economico, in particolare nei Paesi più esposti”, raccomanda Andrea Roventini, autore dello studio e docente dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e Observatoire Français des Conjonctures Économiques, Sciences Po (Francia). “Questo mix di politiche – conclude Roventini – potrebbe attenuare gli impatti diretti del cambiamento climatico, incrementare il benessere della popolazione, ridurre disparità esistenti e, allo stesso tempo, garantire una crescita sostenibile”.

Nell’ottica degli interventi possibili, forse è utile ricordare come nel nostro Paese le famiglie con più figli siano più in difficoltà. L’incidenza della povertà è cresciuta più della media per i nuclei composti da almeno 4 persone e bambini piccoli, mentre è cresciuta meno della media per le famiglie piccole, con anziani, composte da soli italiani.

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