Omi-S, la variante Covid più pericolosa è nata in laboratorio

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Aggressiva come il virus di Wuhan ma molto, molto più contagiosa. Si chiama Omi-S ed è una sottovariante di Omicron selezionata in laboratorio. Secondo i suoi creatori, è in grado di ingannare i vaccini a mRna di Pfizer e Moderna, con un tasso di contagiosità degno di Omicron 5.

La ‘chimera’, descritta in uno studio preprint a prima firma Da-Yuan Chen dell’Università di Boston – con la collaborazione di scienziati dell’Harvard School of Medicine e di due università tedesche – si annuncia più insidiosa delle sottovarianti sviluppatesi in questi anni in natura. Sarebbe capace di causare forme gravi e una mortalità nell’80% dei casi. Il team ha sperimentato la chimera su cellule polmonari e sui topi con l’obiettivo, hanno spiegato i ricercatori, di far luce sulle mutazioni che hanno caratterizzato questo virus fin dalla sua nascita e di decifrarne il meccanismo d’azione.

Ma il risultato concreto di questi esperimenti è stato quello di creare in laboratorio una versione super contagiosa del virus pandemico originale. Un patogeno sulla cui origine si è a lungo dibattuto, senza arrivare a elementi conclusivi. Non stupisce dunque la perplessità di parte della comunità scientifica internazionale. Che già da tempo – è il caso di Andre Goffinet dell’Università di Lovanio (Belgio) – si batte per un’indagine indipendente che faccia finalmente luce sull’origine del virus di Wuhan.

Che senso ha a livello scientifico un esperimento di questo tipo? E’ davvero utile, e soprattutto è etico? Fortune Italia lo ha chiesto a Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia molecolare responsabile dell’unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, che fin dall’inizio della pandemia ha studiato le varianti di Sars-Cov-2 e le mutazioni di questo virus.

“Si tratta di una ricerca che solleva davvero numerose perplessità dal punto di vista etico. Realizzare virus chimerici in questo modo, ovvero non accelerando l’evoluzione naturale ma alterandola, è pericoloso. Lavorare e sperimentare sul virus è corretto, ma dar vita ad una chimera più patogena di quello che è presente  in natura no. Perché il processo evolutivo qui è stato stravolto. Normalmente, in natura – ricorda – il virus si adatta all’uomo e per questo, col tempo, diventa meno patogeno e più contagioso”.

I ricercatori americani hanno modificato la Spike, il grimaldello che il virus (la versione più insidiosa), utilizza per entrare nelle cellule. “Con un lavoro in laboratorio è stato saltato a piè pari tutto il processo evolutivo fatto in natura, dolorosamente, dal virus in questi anni”. Dolorosamente perché ha comportato contagi e morti in tutto il mondo: più di 6,5 milioni, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità.

“Dal ceppo originario di Wuhan adesso siamo arrivati a Omicron 5, una sotto-variante molto meno patogena anche se più contagiosa”. Oltretutto “non è questo tipo di lavoro in laboratorio che ci aiuta a comprendere meglio i meccanismi evolutivi di Sars-Cov-2. Abbiamo avuto tre anni di pandemia per osservare dal vivo l’evoluzione del virus e capire non solo come si muove Sars-Cov-2, ma anche su come affrontare le prossime pandemie“. Epidemiologia di campo e analisi genetica sono fondamentali, dice lo scienziato soprannominato ‘cacciatore di varianti’.

Il rischio di fuga

“E se dovesse sfuggire una di queste chimere?”, si chiede Ciccozzi. Difficile, ma non impossibile. Se l’origine di Sars-Cov-2 è ancora avvolta nelle nebbie, nel 1979 c’è stato invece l’incidente di Sverdlovsk (oggi Ekaterinburg), dovuto alla fuga di spore di antrace da uno stabilimento segreto di armi biologiche. Per non parlare del Marburg, flavivirus che prende il nome dalla città tedesca di Marburgo dove fu isolato nel 1967 in seguito a un’epidemia di febbre emorragica verificatasi tra il personale di un laboratorio addetto alle colture cellulari che aveva lavorato con reni di scimmie verdi ugandesi.

Le conclusioni dell’esperto sono nette: “Questi approcci che deviano un naturale processo evolutivo comportano più rischi che benefici. Osservare e studiare l’esistente ha più senso da un punto di vista scientifico e non comporta dilemmi etici. Ecco, sono convinto che prima di fare esperimenti simili sarebbe opportuna una profonda riflessione etica“, conclude Ciccozzi.

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