Covid, i segreti di Cerberus svelati da uno studio italiano

Cerberus
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Il suo arrivo sulla scena ha allarmato gli specialisti: la variante di Covid-19 ‘ribattezzata’ Cerberus (Bq.1) poteva insidiare Omicron 5, attualmente dominante nel mondo, provocando una nuova ondata di contagi.

Ma a uno sguardo più attento sembra che questa variante – che deve il nome al cane a tre teste che nell’antichità custodiva uno degli ingressi degli Inferi – in realtà, più che mordere, abbai. Cerberus, infatti, “non è più contagioso di Omicron 5”.

A indagare sulle caratteristiche di Cerberus sono gli autori di uno studio italiano in pubblicazione in pre-print su BioRxiv e sottoposto all’International Journal of Molecular Science. A firmarlo il ‘cacciatore di varianti’ Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, insieme a colleghi dell’Università di Sassari e del Dipartimento di Biochimica della Sapienza di Roma, fra i quali Fabio Scarpa, Domenico Benvenuto, Antonello Maruotti, Arnaldo Caruso e Antonio Cassone.

“Abbiamo esaminato 1.575 sequenze di Cerberus depositate nella banca dati mondiale – spiega Ciccozzi a Fortune Italia – e abbiamo scoperto che questa variante non è più contagiosa di Omicron 5: tutte le mutazioni che presenta sulla proteina Spike sono mirate all’escape immunologico, e potrebbero avere un peso per quanto riguarda la risposta immunitaria. Ma controllando abbiamo visto che non vanno a incidere sulle cellule T di memoria. Quindi non c’è un ulteriore salto nella contagiosità rispetto alla forma più diffusa e prevalente in questo momento, ovvero Omicron 5″.

Non solo. “Dal numero di sequenze raccolte e depositate, datate in base al sequenziamento, il picco di questa variante risulta esserci già stato, per la precisione a settembre”. Un dato coerente con quanto rilevato dagli stessi ricercatori: se Cerberus fosse stata più contagiosa di Omicron 5, a questo punto avrebbe già dovuto sovrastarla.

“Se c’è stato un picco, vuol dire che in quel determinato periodo ne circolava una grossa quantità, ma non ha avuto la forza di surclassare Omicron 5. Insomma, non c’è evidenza nè di un’elevata pericolosità, nè di un’alta capacità di espansione” di questa variante, sintetizza Ciccozzi.

Quindi i timori che Cerberus inneschi l’ondata invernale “a oggi sono da escludere”, secondo Ciccozzi, convinto che “passeremo un Natale sereno. E’ inutile lanciare allarmi sulle nuove varianti Covid prima di averle studiate – conclude lo studioso – E’ importante, invece, continuare a monitorarle, per intercettarle e analizzarle: solo così capiremo quando e se occorre intervenire”.

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