Questione caregiver, la Lombardia accelera

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La quota lombarda dei sette milioni di italiani che si prendono cura di parenti e conoscenti non autosufficienti continua a essere al centro delle politiche sociosanitarie all’ombra della Rosa Camuna. La legge approvata dal Consiglio regionale dello scorso 22 novembre stanzia infatti 900mila euro in tre anni a favore del riconoscimento del ruolo del caregiver familiare.

Le politiche del welfare regionale lombardo a favore dei cittadini non autosufficienti mirano a risolvere almeno una parte significativa delle problematiche di quanti necessitano di aiuto umano quotidiano per far fronte alle proprie disabilità. Senza un familiare che ‘si prende cura di’ – questa la traduzione dell’inglese caregiver – la maggior parte dei diversamente abili lombardi non saprebbe come fare non solo a seguire un piano terapeutico, ma anche a svolgere le più semplici attività giornaliere domestiche e sociali.

Identikit

Spesso i caregiver sono i familiari più fragili, donne o giovani, che sono costretti a limitare finanche a rinunciare al proprio lavoro per riservare tempo utile ad accudire i parenti con disabilità. Che, senza questa dedizione, resterebbero inattesi.

Molti caregiver si trovano a svolgere questo importante e delicato compito senza alcuna preparazione specifica. E imparano “sul campo” come muoversi alla ricerca dell’assistenza sanitaria e sociale più adeguata per il proprio caro. Dopo aver dedicato anche anni a questa attività si trovano a provare a reinserirsi in un contesto lavorativo che nel frattempo è cambiato. Mentre loro hanno fatto carriera solo nel “prendersi cura di”.

Necessaria una formazione

“Prendersi cura di una persona con patologia cronica grave, con una disabilità e non autosufficiente non si impara da un giorno all’altro. Eppure, il caregiver è costretto a farlo: dalla cura diretta all’accesso ai servizi e alle terapie, passando per il disbrigo delle tante pratiche burocratiche. E spesso – commenta a Fortune Italia Tiziana Nicoletti, responsabile del CnAMC (Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici e rari) di Cittadinanzattiva – a prendersi cura di un familiare sono giovani caregiver che sacrificano tempo, energie, studio o lavoro, benessere psicofisico, e rischiano di pagare un prezzo altissimo in termini di realizzazione personale e sociale”.

“Chi vive questa condizione non ne parla facilmente: pensa di essere un caso isolato, non si sente capito e non sa con chi confrontarsi. Il rischio è di emarginarsi sempre più in assenza di una rete di sostegno, innescando una spirale di sofferenza ed esclusione da amicizie, relazioni, passioni, che mette a rischio il proprio futuro”, dice Nicoletti.

L’impegno della Lombardia

Da qui nasce la volontà dell’assessorato alla Famiglia, Solidarietà Sociale, Disabilità e Pari opportunità della Regione di valorizzare questo lavoro. Troppo spesso invisibile, nonostante sia alla base della tenuta dell’assistenza sociale della popolazione.

Ma a che cosa saranno destinati questi 900mila euro? Tra le varie azioni perviste dalla legge regionale n. 23 del 22 novembre 2022 ci sono iniziative mirate a favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e di quelli di cura del caregiver, così come percorsi formativi specifici sull’accesso ai servizi sociali e sociosanitari regionali erogati dall’Ats e dall’Asst. Ancora, percorsi di sostegno piscologico del caregiver, favoriti anche dal ricorso alla telemedicina.

L’attestato

Di particolare interesse quanto previsto dall’articolo sei della legge, che sancisce la possibilità di ottenere un’attestazione formale delle competenze acquisite in ambito socio-assistenziale dal caregiver. Un vero e proprio attestato con tanto di credit formativi spendibili dal caregiver al momento di proseguire il proprio percorso scolastico-formativo o per il reinserimento del mono del lavoro.

Nell’alveo dell’attenzione alle problematiche connesse alle disabilità, è anche l’ultima decisione della Giunta regionale: oltre 154 milioni di euro in tre anni a valere sul Fondo nazionale per le non autosufficienze, destinato a sostenere le persone con disabilità gravissima e grave (125 milioni circa) oltre che gli anziano non autosufficienti. Oltre 3 milioni di euro saranno destinanti invece all’assunzione di figure professionali socioassistenziali.

Chiosa Nicoletti: “Iniziative come quella della Lombardia, ma anche del Lazio (prima Regione italiana che ha riconosciuto i caregiver familiari come cittadini con diritti soggettivi e come persone distinte sia dai loro congiunti con disabilità che dagli operatori professionali stipendiati per svolgere il proprio ruolo di cura) e dell’Abruzzo (che con una specifica delibera ha approvato i criteri e modalità per la erogazione di contributi economici, finalizzati al riconoscimento e alla valorizzazione del lavoro di cura del familiare-caregiver che assiste minori affetti da una malattia rara e con disabilità gravissima) sono sicuramente pregevoli. Ma andrebbe dato un quadro nazionale. Soltanto una legge nazionale che attendiamo da tempo potrebbe garantire a tutti i caregiver il riconoscimento di alcuni diritti essenziali e di benefici economici, ma anche in termini di formazione di cui questi cittadini avrebbero senza dubbio bisogno”.

“La legge – commenta Giorgio Arca, coordinatore regionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva Lombardia – dal nostro punto di vista è un primo importante passo, perchè finalmente tutela il ruolo assistenziale e sociale dei caregiver. Pone inoltre in primo piano il ruolo dei Comuni che, con i propri servizi, affiancheranno e sosterranno i caregiver”.

“Altro punto positivo – continua Arca – è che il provvedimento favorisce e sostiene misure di supporto psicologico per il mantenimento di quel delicato equilibrio psico-fisico che è spesso messo a dura prova per chi assiste un familiare. La Regione prevede inoltre forme di sostegno economico per l’adattamento dell’abitazione, per la fornitura di ausili e di presidi con uno stanziamento di 900mila euro per tre anni: ancora troppi pochi per far fronte alle numerose esigenze dei pazienti e delle loro famiglie“, conclude Arca.

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