Medici, i numeri della grande fuga all’estero

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Il nostro Paese fa i conti con una drammatica carenza di medici specialisti (e infermieri), aggravata dalla ‘grande fuga‘ all’estero dei camici bianchi. Sono mille ogni anno, infatti, i medici italiani che richiedono i certificati per trasferirsi oltreconfine, come ha precisato il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Filippo Anelli.

Un’emorragia di camici bianchi

Il presidente Fnomceo, intervistato da Tgcom24, fa eco al ministro della Salute Orazio Schillaci, che ieri ha acceso i riflettori sul fenomeno. “In 10 anni, dal 2005 al 2015 – aveva detto il ministro all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università Cattolica di Roma – oltre 10mila medici hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero. Un esodo di capitale umano che non possiamo più permetterci”.

Dobbiamo anche ricordare che negli scorsi anni i giovani medici facevano i conti con un fenomeno, quello dell’imbuto formativo, che di fatto spingeva molti laureati in medicina ad andare all’estero per specializzarsi.

“Mille medici l’anno che decidono di andare a lavorare all’estero rappresentano una sconfitta per tutti. E un’emergenza nazionale – sottolinea Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed, commentando il dato fornito dalla Fnomceo – se ai colleghi che lasciano il proprio Paese aggiungiamo i tanti medici che ormai quotidianamente decidono di lasciare il Servizio sanitario nazionale, appare evidente come la carenza di personale che attanaglia gli ospedali di tutta Italia sia destinata ad aggravarsi. E allora – si chiede Quici – chi si prenderà cura della salute dei cittadini?”.

Proprio ieri la Federazione Cimo Fesmed ha inaugurato sui propri canali social una nuova rubrica, “La fuga di Ippocrate”, che in poche ore ha ottenuto migliaia di reazioni, condivisioni e commenti. “Occorre rendere nuovamente attrattivo il Servizio sanitario nazionale e incentivare i professionisti che decidono di lavorare nella sanità pubblica. Se si ha a cuore la salute dei cittadini, questa dovrebbe essere l’emergenza prioritaria da affrontare”, insiste Quici.

Più posti a Medicina e Odontoiatria

Per Schillaci “appare urgente porre i giovani al centro delle politiche di sviluppo, offrendo loro la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni, sfatando l’idea che la nostra non è una nazione per giovani”. Senza “interventi lungimiranti e sistemici, le nostre università continueranno a formare i migliori cervelli che emigreranno verso altri Stati alla ricerca di migliori prospettive economiche e professionali”, ha avvertito Schillaci, annunciando l’intenzione di ampliare l’accesso alla Facoltà di Medicina.

I numeri sui posti disponibili per il prossimo anno accademico, resi pubblici nei giorni scorsi, “sono da considerarsi provvisori – ha avvertito il ministro – E credo che si procederà ad un ampliamento”.

Le cause della grande fuga

Per Fnomceo non ci sono dubbi: scarsa qualità di lavoro e di vita, stipendi non adeguati e  mancanza di sicurezza (che mette gli operatori a rischio anche di aggressioni) spingono i medici oltreconfine.

Come arrestare questa emorragia? E come bilanciare la carenza di medici? “La programmazione deve riguardare il prossimo decennio. Attualmente – ha detto Anelli – siamo ai primi posti in Europa per il rapporto tra medici e abitanti: ne abbiamo 4 ogni mille, contro la media Europea di 3,8. Negli Usa il rapporto scende a 2,5 medici ogni mille abitanti”.

“Se vogliamo mantenere questo rapporto vanno bene i 14.000 posti a Medicina, se aumentiamo avremo più medici. Resta però il fenomeno della scarsa attrattività del nostro Servizio sanitario nazionale” che è il vero motivo per cui i medici si trasferiscono all’estero o “preferiscono fare i gettonisti”, per un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata. “Un’organizzazione che compromette quel rapporto continuativo che è tipico della professione medica ed è una distorsione del sistema”.

No all’addio al numero chiuso

Per Anelli “il numero programmato va mantenuto, anche perché abbiamo vissuto il dramma dell’imbuto formativo, con migliaia di medici laureati, abilitati, che non potevano specializzarsi e quindi lavorare. Da qui il disagio, la voglia di fuggire all’estero, ma anche le difficoltà di tante famiglie”.

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