Contraccettivi, la promessa del ‘pillolo’

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Potrebbe essere il ‘pillolo’ del futuro, ma è ancora presto per pensare all’utilizzo da parte dell’uomo. Stiamo parlando del candidato farmaco “TDI-11861”, che in modelli murini ha dimostrato di poter inibire la motilità degli spermatozoi, determinando la temporanea impossibilità di fecondare le cellule uovo e, quindi, di dare inizio alla gravidanza.

Ma qual è la strada che questa molecola dovrà compiere prima di poter, eventualmente, trovare applicazione come contraccettivo? “L’idea alla base della sperimentazione che interessa questa molecola è buona, ma il percorso è ancora lungo e non privo di criticità”, dice a Fortune Italia Carlo Foresta, andrologo e ordinario di Endocrinologia presso la Scuola di Medicina di Padova.

Le ragioni del cauto ottimismo espresso da Foresta vanno ricercate in primis nel meccanismo d’azione di questo potenziale farmaco. Si tratta di un inibitore dell’adenilato cilasi, un enzima che nelle cellule serve per produrre energia.

Spiega il professore: “In natura esistono tanti tipi di adenilato ciclasi. Una di esse è specifica per la produzione dell’energia necessaria agli spermatozoi per muoversi all’interno del organismo femminile e raggiungere le cellule uovo da fecondare. Riuscire a bloccare proprio questo enzima potrebbe essere un modo per rendere gli spermatozoi incapaci di arrivare a incontrare i gameti femminili”.

Ma torniamo agli esperimenti sui topi, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista  ‘Nature Communication’. Somministrando ai roditori di genere maschile la molecola allo studio, i ricercatori hanno rilevato l’inibizione dell’adenilato ciclasi, che ha portato alla perdita di motilità degli spermatozoi. Con un effetto che permane per circa tre ore e quindi si esplica solo sugli spermatozoi già prodotti, mentre non agisce su quelli generati successivamente alla somministrazione.

Traslando l’ipotesi del pillolo dal topo all’uomo, si potrebbe immaginare l’assunzione del farmaco poco tempo prima di un incontro galante senza fini riproduttivi. Un medicinale che lascia tuttavia inalterata la futura capacità del maschio di produrre spermatozoi ‘abili e arruolati’.

Ma è qui che l’andrologo tiene a fare alcune considerazioni: “Nei topi l’effetto ‘blocco della motilità’ degli spermatozoi comincia a scemare tra le due e le quattro ore dopo la somministrazione. Per l’uso nell’uomo bisogna invece considerare che lo sperma è in grado di fecondare l’ovocita fino a 24 ore dall’eiaculazione. Nei prossimi studi della molecola sull’uomo – sottolinea Foresta – sarà fondamentale verificare la durata dell’effetto del farmaco”, per evitare che esso determini un pericoloso ‘stop-and-go’.

Ma c’è anche un altro aspetto non secondario che il prosieguo della sperimentazione dovrà verificare. “Sarà importantissimo capire se l’inibizione dell’adenilato ciclasi è selettiva, cioè si esplica solo sull’enzima attivo negli spermatozoi, o se ha effetto anche sugli altri enzimi cellulari”. Eventualità, quest’ultima, che potrebbe avere conseguenze negative sul metabolismo cellulare in tutto l’organismo.

L’iter che potrebbe potare il ‘pillolo’ dal laboratorio al letto del paziente è quindi ancora lungo e non privo di ostacoli da superare. Resta inoltre aperto, come nel caso della pillola anticoncezionale, il tema delle malattie sessualmente trasmissibili. Non vi sarebbe infatti alcuna protezione nei confronti delle infezioni da virus e batteri responsabili di patologie come l’Aids e la sifilide. Contro queste malattie l’unico valido mezzo di tutela resta il preservativo.

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