Ictus, mini-scosse per tornare a muovere mani e braccia

elettrodi
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Neuro-tecnologia alleata dei pazienti che hanno subito un ictus. Dopo un evento cerebrovascolare, infatti, il 75% dei pazienti rischia di sviluppare un deficit degli arti superiori. Risultato? Anche usare forchetta e coltello può diventare un’impresa. Ora però una nuova ricerca Nature Medicine – dopo una serie di studi condotti sugli animali – evidenzia le potenzialità di speciali elettrodi di metallo che vanno a stimolare il midollo spinale dei pazienti, migliorando istantaneamente la mobilità degli arti superiori.

Questo permette alle persone colpite da ictus, lieve o grave, di svolgere più facilmente le attività quotidiane o di ricominciare a compiere gesti ‘dimenticati’. A firmare il lavoro sono i ricercatori dell’Università di Pittsburgh, della Carnegie Mellon University e di UPMC (University Pittsburgh Medical Center).

Gli elettrodi

Sottili elettrodi metallici impiantati lungo il collo permettono ai pazienti che hanno subito danni a causa di un ictus, di aprire e chiudere completamente il pugno, usare forchetta e coltello, sollevare il braccio sopra la testa o di utilizzare nuovamente le mani, riacquisendo la mobilità degli arti superiori e delle zone periferiche.

Secondo i ricercatori, la nuova tecnologia rappresenta un importante passo in avanti nel miglioramento della quotidianità dei convalescenti. “Abbiamo scoperto – ha detto corrispondente e co-autore senior dello studio Marco Capogrosso, assistente professore di chirurgia neurologica a Pittsburgh – che la stimolazione elettrica di specifiche parti del midollo spinale consente ai pazienti di riacquisire piena mobilità. Ma la vera rivoluzione è aver compreso che in alcuni casi, dopo alcune settimane di sedute, i miglioramenti permangono nel tempo, anche laddove non viene più eseguita nessuna stimolazione. Questo rappresenta un grande passo avanti per la scienza e una speranza concreta per le terapie di riabilitazione a seguito di un ictus”.

Il protocollo

“Grazie ad anni di ricerca preclinica –  ha precisato Capogrosso – abbiamo sviluppato un protocollo di stimolazione pratico e facile da usare, adattando tecnologie cliniche esistenti approvate dalla Fda (Food and Drug Admnistration), che potrebbero essere facilmente riutilizzate in ospedale e passare rapidamente dal laboratorio alla clinica”.

I numeri dell’ictus e la disabilità

L’ictus può colpire un adulto su quattro sopra i 25 anni e il 75% dei pazienti rischia di sviluppare deficit duraturi degli arti superiori, limitando gravemente la propria autonomia fisica. In Italia si verificano circa 200.000 casi di ictus ogni anno: nell’80% dei casi si tratta di nuovi episodi e al 20% di recidive. Nel nostro Paese i sopravvissuti all’ictus con esiti più o meno invalidanti sono pari a circa 913.000 persone.

“Creare soluzioni efficaci di neuroriabilitazione per le persone colpite da disabilità motorie sta diventando sempre più urgente”, ha dichiarato la co-autrice senior Elvira Pirondini, assistente alla cattedra di medicina fisica e riabilitazione presso Pittsburgh. “Anche i deficit lievi causati da ictus, infatti, possono isolare le persone e creare disagi nella vita sociale e professionale, diventando molto debilitanti”.

La stimolazione mirata

Ma come funziona questa stimolazione del midollo spinale? La tecnica consiste nell’utilizzo di una serie di elettrodi che forniscono ‘mini-scosse’ attivando immediatamente le cellule nervose. Questa tecnologia viene già utilizzata per trattare il dolore cronico. Dopo anni di studi preclinici, che hanno coinvolto modelli computerizzati e test sugli animali con paralisi parziale del braccio, i ricercatori Usa sono stati autorizzati a testare questa terapia sugli esseri umani.

“I nervi sensoriali del braccio e della mano inviano segnali ai neuroni motori del midollo spinale che controllano i muscoli dell’arto”, ha dichiarato il co-autore Douglas Weber, professore di ingegneria meccanica presso il Neuroscience Institute della Carnegie Mellon University. “Stimolando questi nervi possiamo amplificare l’attività dei muscoli indeboliti dall’ictus. È importante che il paziente mantenga il pieno controllo dei propri movimenti: la stimolazione è assistita e rafforza l’attivazione muscolare solo quando i pazienti cercano di muoversi”.

Foto Upmc

I test

La stimolazione ha permesso ai pazienti coinvolti nello studio di eseguire compiti di diversa complessità, dallo spostamento di un cilindro metallico cavo alla presa di oggetti domestici comuni e all’apertura di una serratura. Le valutazioni hanno dimostrato che la stimolazione delle radici nervose cervicali migliora immediatamente la forza, l’ampiezza di movimento e la funzionalità del braccio e della mano.

Gli effetti della stimolazione sembrano essere più duraturi di quanto gli scienziati avessero inizialmente pensato.  E la buona notizia è che persistono anche dopo la rimozione del dispositivo.

Il commento dello specialista

Lo studio “indica la possibilità di migliorare in modo significativo il movimento e il controllo (oltre che la forza) del braccio e della mano, laddove un precedente ictus abbia prodotto una paralisi parziale”, commenta Paolo Maria Rossini, neurologo dell’Ircc San Raffaele di Roma. 

“La proposta degli autori americani, coordinati da un ricercatore italiano da anni trasferitosi nella sede di Pittsburgh, il professor Capogrosso, è stata quella di inserire chirurgicamente una piastrina contenente una serie di ‘contatti’ (punti da cui si può far passare la corrente elettrica) direttamente addossata al midollo cervicale e alle relative radici spinali. La tipologia di pazienti che è stata selezionata appartiene a quel gruppo di soggetti che, pur avendo sofferto di un ictus riescono ancora a produrre un minimo controllo volontario dei muscoli parzialmente paralizzati”.

“Questo minimo controllo può avvenire grazie al fatto che del contingente di fibre nervose, proveniente dai centri del cervello che programmano il movimento, scende lungo il midollo cervicale e va a innervare le cellule di origine delle fibre motorie sopra citate. Ricordo che nel soggetto sano, esiste un robusto fascio di fibre (circa 1 milione) denominato via piramidale o cortico-spinale, che convoglia i comandi motori alle ‘centraline’ del midollo (cervicale, dorsale e lombo-sacrale) per il controllo di tutta la muscolatura non solo degli arti, ma anche del respiro, dei visceri e dell’apparato genito-urinario. Ammettiamo quindi che solo il 10-20% di fibre del fascio piramidale siano sopravvissute all’insulto vascolare dell’ictus. In questo caso – continua Rossini – l’impulso motorio prodotto dal cervello viene propagato lungo il contingente di fibre della via piramidale che è sopravvissuto all’ictus, ma l’intensità è talmente debole da non riuscire ad attivare un numero sufficiente di cellule nel midollo cervicale e quindi, in ultima analisi, non è sufficiente a produrre il movimento richiesto e programmato dal comando motorio”.

“Le piastrine inserite addosso al midollo cervicale (a loro volta collegate a uno stimolatore che produce impulsi elettrici con caratteristiche programmabili) sarebbero in grado di aumentare la eccitabilità delle cellule midollari motorie che, quindi, sarebbero pronte a rispondere anche a un impulso/comando molto debole, producendo un movimento e una forza utili a raggiungere la finalità dell’atto motorio voluto dal paziente”.

Secondo Rossini lo studio, “di grandissimo interesse scientifico”, porta con sé notevolissime implicazioni applicative, ma non può considerarsi la soluzione definitiva al problema perché “si basa su di un approccio invasivo, con una metodica generale dai costi molto elevati. Difficile, quindi, pensare a una sua diffusione generalizzata in particolare per soggetti particolarmente fragili. Tuttavia, i risultati fanno ben sperare su quanto si potrà ottenere da analoghe ipotesi di lavoro che utilizzano stimoli elettrici a bassa intensità veicolati tramite elettrodi applicati sul collo a livello della colonna cervicale” per il recupero dei pazienti dopo un ictus.

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