Udito, perchè i problemi si manifestano sempre prima

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Il 10,2% degli italiani ha problemi di udito, circa 7 milioni di persone. Anche se l’incidenza di questi disturbi interessa maggiormente chi ha più di 65 anni – una persona su tre ne è affetta – è sempre più frequente l’insorgenza dei sintomi di ipoacusia anche tra i giovani adulti e tra i ragazzi. Lo riferisce il ministero della Salute, che  riporta anche altri due dati interessanti: poco meno di un terzo della popolazione italiana ha effettuato controlli dell’udito negli ultimi 5 anni e oltre metà dei connazionali non l’ha mai fatto.

Anche, ma non solo, per una mancata diagnosi solo una persona su quattro che potrebbe beneficiare dell’utilizzo di apparecchi acustici in realtà ne fa uso.
I dati nazionali relativi ai problemi di udito e sordità, che riportiamo in occasione della nella Giornata internazionale dell’udito, risultano percentualmente più elevati rispetto a quelli globali, recentemente diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Nel mondo infatti avrebbe bisogno di riabilitazione uditiva circa il 5% della popolazione, oltre 430 milioni di persone, di cui 34 milioni in età pediatrica.

E la situazione non migliora se si guarda alle proiezioni al 2050. In poco più di 25 anni saranno 700 milioni le persone con disabilità uditive nel mondo, circa una su dieci.

Incidenza a parte, a preoccupare gli esperti è soprattutto l’impatto che le disabilità possono avere, se non prevenute e curate. Si parla di problemi nella comunicazione interpersonale e difficoltà cognitive, finanche a isolamento sociale, solitudine e stigma. Ma c’è di più, soprattutto se queste condizioni sono riferite a ragazzi, giovani e adulti in età scolare o lavorativa. In molti casi, riporta Oms, i bambini con deficit uditivo non ricevono istruzione scolastica; perfino nei Paesi avanzati. Se a non udire bene sono gli adulti, invece, si rischia di perdere opportunità lavorative, scatti di carriera fino ad arrivare a percepire minor reddito.

Sono le cifre a dare un’idea del peso economico che tutto ciò comporta. Le stime Oms parlano di costi per 980 miliardi di dollari, che complessivamente sono correlati a deficit uditivi non trattati, il 57% dei quali sono a carico dei Paesi a medio e basso reddito.

Spiega a Fortune Italia Giovanni Danesi, presidente della Società italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale (Sioechcf): “In Italia stimiamo ben 36 miliardi di euro di danni connessi a queste malattie, tra costi sanitari diretti e indiretti dovuti a perdita di giornate lavorative, riduzione di capacitò relazionali e aumento della demenza senile conseguente all’ipoacusia. E visto il trend di invecchiamento della popolazione, i numeri aumenteranno in futuro”.

A far riflettere dovrebbe essere il fatto che la maggior parte dei casi di perdita uditiva o di sordità dipendono da cause comportamentali. E quindi sarebbero evitabili. Tiene a precisare Danesi: “È importante evidenziare che non esistono malattie dell’udito, ma malattie dell’orecchio che determinano problemi uditivi”.

Tolti i casi dovuti a fattori genetici o a infezioni prenatali o ad altre condizioni critiche del periodo perinatale, moltissime persone avverto un calo uditivo a seguito di comportamenti e stili di vita non corretti. Tra questi, il fumo, una igiene non adeguata dell’orecchio, ma anche la ripetuta esposizione a rumori e suoni troppo elevati, sia in ambiente domestico (musica a volume eccessivo) che in quello lavorativo (assenza o non utilizzo delle protezioni specifiche).

Come spesso accade quando si parla di salute, anche nel caso di quella uditiva la prevenzione risulta cruciale. Ancora una volta i numeri parlano più di tante parole: il 60% circa della perdita uditiva dei bambini può essere evitata adottando comportamenti e stili di vita adeguati.

Determinante anche la diagnosi precoce dei deficit uditivi. Riuscire a prendere in carico questa condizione al suo insorgere evita che i danni diventino irreversibili. In quest’ottica, esistono diversi approcci riabilitativi, che vanno dall’utilizzo di apparecchi acustici, agli impianti cocleari. Senza escludere terapie riabilitative del linguaggio.

La salute dell’orecchio e le problematiche derivanti da problemi di udito infatti vanno molto oltre il semplice ‘non udire bene’ e richiedono l’intervento di professionalità medico-sanitarie diverse e complementari tra loro.

Ecco perché alla vigilia della Giornata mondiale dell’udito che si celebra oggi, 13 società e federazioni medico-scientifiche hanno sottoscritto il “Patto per la Salute dell’orecchio e dell’udito” con l’obiettivo di tutelare la salute uditiva di bambini, adulti e anziani.

Articolato in 10 punti, il Patto mira ad allertare la cittadinanza, mobilitare i medici delle diverse specialità, moltiplicare l’efficacia della prevenzione e ottimizzare i percorsi integrati ospedale-territorio per la diagnosi, cura e riabilitazione. Ancora, l’idea di istituire un Osservatorio nazionale permanente sulla sordità.

Dettaglia il presidente Sioechcf: “In Italia lo screening uditivo neonatale viene eseguito ormai da molti anni, ma non si ha un vero e proprio registro. Sappiamo che nasce un bimbo non udente ogni mille, ma non abbiamo evidenza di eventuali trend dell’ipoacusia nel corso degli anni. Ecco perché sarebbe importante l’avvio di questo Osservatorio. In Lombardia da circa 20 anni è attivo il network “Rete Udito” voluto dall’assessorato alla Sanità regionale, che ha funzione di sorveglianza, prevenzione e screening. E ha prodotto diversi percorsi diagnostico-terapeutici. La società scientifica che presiedo propose all’allora ministro della Salute Roberto Speranza di esportare questo modello in tutte le regioni così da avere dati omogenei in tutta Italia da far confluire a livello nazionale in un apposito Registro”.

“Il governo è cambiato e con esso anche il ministro della Salute, ma la nostra proposta è sempre valida – dice l’esperto – e speriamo che insieme a quella dell’Osservatorio possa presto essere accolta. Mi preme comunicare anche un’altra cosa. La sottoscrizione del Patto per la salute dell’orecchio e dell’udito è un atto di indirizzo che garantisce ai cittadini che il mondo scientifico, del terzo settore e delle associazioni di pazienti, lavorano compatti a tutela della salute della popolazione. Con l’ulteriore garanzia che le sinergie che nasceranno tra questi attori saranno coordinate e avranno valenza scientifica”.

In attesa che ciò diventi realtà è importante investire per la promozione della salute dell’orecchio, al fine di limitare l’incremento dei numeri del deficit uditivo. Pensare che secondo Oms basterebbe meno di 1,40 dollari a persona per dare una svolta all’assistenza sanitaria specifica per l’orecchio e che di qui a 10 anni per ogni dollaro investito si avrebbe un ritorno di 16.

“Se anche nel nostro Paese ci fossero politiche diffuse a favore di scrrening e presa i carico dei casi di ipoacusia, in 10 anni potremmo ridurre del 50% i 36 miliardi di costi che citavo prima. Il che significa che ogni euro investito darebbe 18 euro di ritorno”, chiosa Danesi. Sempre che la spesa per la salute sia vista come investimento e non come un costo. Ma questa è un’altra storia.

Intanto, la salute dell’orecchio fa gola ai sempre più numerosi player che si affacciano sul mercato dei dispositivi acustici per ritrovare l’udito perduto. Tra questi Amplifon, che ha recentemente diffuso i dati del business 2022. Numeri rilevanti, specialmente in considerazione di una congiuntura macroeconomica non propriamente favorevole. Ma si sa, la salute è anticiclica quando si parla di mercato. Numeri che consentiranno probabilmente di staccare a maggio una cedola da 29 centesimi di euro ad azione. Perché si sa, la salute è sempre il migliore investimento.

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