Antibiotici in Italia, qualcosa sta cambiando

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L’Italia sfoggia da tempo la maglia nera in Europa per l’uso di antibiotici. Ma le campagne di sensibilizzazione contro l’antibiotico resistenza sembrano aver avuto un qualche impatto, almeno in base agli ultimi dati diffusi dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). 

Nel 2021, nonostante la pandemia, prosegue la riduzione dell’uso di antibiotici nel nostro Paese, con un -3,3% rispetto al 2020, sebbene i consumi si mantengano ancora superiori a quelli di molti Paesi europei.

La spesa

Nel 2021 il consumo complessivo, pubblico e privato, di antibiotici in Italia è stato pari a 17,1 dosi ogni mille abitanti, per una spesa complessiva (pubblica e privata) pari a 787 milioni di euro, corrispondenti a 13,29 euro a testa, in riduzione del 2,4% rispetto al 2020.

Il 76% delle dosi consumate nel 2021 è stato erogato dal Ssn, in riduzione del 6,1% rispetto all’anno precedente, con una spesa complessiva pari a 653 milioni di euro.

E ancora: nella Penisola facciamo un maggior ricorso ad antibiotici ad ampio spettro, che hanno un impatto più elevato sullo sviluppo delle resistenze antibiotiche. Ed esiste, anche per questi farmaci cruciali per la medicina moderna, una ‘questione meridionale’.

I dettagli

Secondo il Rapporto “L’uso degli antibiotici in Italia – 2021”, a cura dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed), nel 2021 circa 3 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con una prevalenza che aumenta all’avanzare dell’età, raggiungendo il 50% negli over 85.

Fra i bambini i maggiori consumi si concentrano nella fascia di età tra 2 e 5 anni, in cui circa 4 bambini su 10 hanno ricevuto nell’anno almeno una prescrizione di antibiotici.

I farmaci rimborsati e gli acquisti privati

Il 76% delle dosi utilizzate è stato erogato dal Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), e quasi il 90% degli antibiotici rimborsati viene erogato sul territorio (in regime di assistenza convenzionata).

Più di un quarto dei consumi a livello territoriale (26,3%) corrisponde ad acquisti privati di antibiotici rimborsabili dal Ssn (classe A). Farmaci, insomma, che i cittadini pagano di tasca propria.

Le classi più ‘gettonate’ sono le penicilline in associazione agli inibitori delle beta-lattamasi (36% dei consumi totali), seguite dai macrolidi e dai fluorochinoloni.

Regione che vai…

I consumi a carico del Ssn restano maggiori al Sud rispetto al Nord e al Centro. Al Nord, inoltre, si registrano le riduzioni maggiori (-6,1%), mentre al Sud sono più contenute (-2,2%). Inoltre al Meridione si riscontra una predilezione per l’utilizzo di antibiotici di seconda scelta.

Cosa accade negli ospedali

L’Italia è anche uno dei Paesi con la minor quota di consumo degli antibiotici del gruppo “Access” (47%), considerati antibiotici di prima scelta, che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dovrebbero costituire almeno il 60% dei consumi totali.

In ambito ospedaliero, il report OsMed segnala “un incremento del ricorso all’utilizzo di antibiotici indicati per la terapia di infezioni causate da microrganismi multi-resistenti“.

Quanto al trend, sia i consumi in regime di assistenza convenzionata che gli acquisti da parte delle strutture sanitarie pubbliche sono aumentati nel primo semestre del 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

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