Medici e violenza, l’aggressione di Secondigliano

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Le aggressioni ai medici non si fermano. Ancora una volta a farne le spese è una donna, una psichiatra, minacciata con una pistola da un paziente. L’episodio avvenuto al Centro di Salute Mentale di Secondigliano (Napoli) ha il sapore di un dejavou. E accende ancora una volta i riflettori sulla (mancata) sicurezza degli operatori sanitari, dopo la morte della psichiatra Barbara Capovani, aggredita a Pisa.

Morte della psichiatra di Pisa, operatori sotto attacco

“Le armi non devono entrare nei luoghi di cura. È inconcepibile che in tutte le strutture pubbliche, negli aeroporti, nei palazzi istituzionali ci siano sistemi di controllo all’ingresso, mentre negli ospedali, nei Centri di salute mentale, negli ambulatori non ci sia nessun filtro. Dopo le psichiatre Paola Labriola e Barbara Capovani, uccise con un pugnale e con una spranga, dopo il medico Giorgio Falcetto, trucidato a colpi di accetta, non vogliamo piangere altre vittime: chiediamo una soluzione concreta per la sicurezza degli operatori sanitari”, ha detto il presidente della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli.

Il caso di Secondigliano

Vittima di questa aggressione è stata una psichiatra in servizio presso la struttura della Asl Napoli 1, che si trovava con un’infermiera. Entrambe sono riuscite a scappare al piano di sopra e a chiedere aiuto. L’intervento della Polizia di Stato ha messo in sicurezza la situazione. I sanitari dell’Asl Napoli 1 Centro hanno chiesto il fermo per il paziente, ma si è poi proceduto al ricovero.

“La nostra dottoressa, ancora sotto shock, ma con un grande spirito di servizio – ha raccontato il direttore generale Ciro Verdoliva – ha accompagnato il paziente in ambulanza sino all’Ospedale del mare. Un comportamento encomiabile che, ancora una volta, la dice lunga sulla professionalità e sulla qualità umana del nostro personale”.

Anche nel corso del trasporto verso l’Ospedale del mare, il paziente ha tenuto atteggiamenti di molestia nei confronti della psichiatra. L’uomo è ricoverato nel reparto psichiatrico di diagnosi e cura del P.O. San Giovanni Bosco per un ulteriore approfondimento psicodiagnostico. “Siamo pronti a costituirci parte civile in un eventuale processo”, ha detto Verdoliva.

Sicurezza sul lavoro (che non c’è)

Dal canto suo il presidente dei medici ricorda i “troppi episodi analoghi. Siamo vicini alla collega, e ammiriamo il gesto encomiabile di aver poi accompagnato il paziente in ambulanza per il ricovero in ospedale. Una prossimità, una dedizione che non devono però andare a discapito della sicurezza sul lavoro. Per questo – ha concluso Anelli – va elaborata una strategia, un protocollo che, a partire dai controlli all’ingresso, sino alla previsione di presidi di polizia, passando per l’affiancamento dei sanitari con mediatori culturali che possano parlare con i pazienti e i parenti mentre gli operatori intervengono, renda sicuri i luoghi della cura”.

L’impressione è che non ci sia tempo da perdere.

 

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