Morte della psichiatra di Pisa, operatori sotto attacco

Il pronto soccorso dell' ospedale Santa Chiara di Pisa
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Se il ‘camice bianco’ diventa un bersaglio. E’ inaccettabile perdere la vita mentre si fa il proprio lavoro, che consiste in estrema sintesi nell’aiutare gli altri. Ma in Italia questo accade con una frequenza drammatica. Non ce l’ha fatta la psichiatra Barbara Capovani, aggredita nei giorni scorsi a Pisa. I suoi organi saranno donati, così come avrebbe voluto l’operatrice, si legge nel bollettino medico congiunto dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana e dell’Azienda Usl Toscana Nord-Ovest.

Per l’aggressione – ripresa dalle telecamere di videosorveglianza – è stato fermato un uomo di 35 anni, Gianluca Paul Seung, in cura presso il Servizio psichiatrico diagnosi e cura di Pisa nel 2019. L’uomo avrebbe colpito ripetutamente al cranio la vittima uscita dal reparto di salute mentale adulti dellʼospedale Santa Chiara con un oggetto, forse una spranga, mentre era china sulla propria bicicletta.

L’impegno del ministro

La morte di Barbara Capovani “mi addolora profondamente. La violenza di cui è stata vittima è inaccettabile – ha affermato il ministro della Salute, Orazio Schillaci – Oggi è un giorno molto triste, ringrazio la famiglia per aver scelto di donare gli organi di Barbara e rivolgo a loro il mio personale e sentito cordoglio”.

“La sicurezza di tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari mi sta particolarmente a cuore – ha aggiunto il ministro, che è anche un medico – ed è per me una priorità su cui mi sono impegnato da subito. Insieme al ministro Piantedosi abbiamo aperto posti di polizia negli ospedali – ha ricordato – con il decreto legge 34 abbiamo inasprito le pene e disposto la procedibilità d’ufficio per chi aggredisce personale sanitario e sociosanitario”.

“Abbiamo anche avviato una forte campagna di sensibilizzazione per ricreare un rapporto di fiducia tra paziente e medico, perché è importante che i cittadini siano consapevoli che portare un camice bianco significa assicurare supporto, cura, aiuto. La vicenda della dottoressa Capovani ci lascia tutti attoniti ma non deve farci sentire impotenti: sono pronto insieme a Ordini, Federazioni e Sindacati, anche nell’ambito dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza delle professioni sanitarie e sociosanitarie, a lavorare per individuare ogni altra strada percorribile e soluzioni utili a prevenire ogni genere di violenza e a garantire i massimi livelli di sicurezza per chi si prende cura della salute, fisica e mentale, dei cittadini”.

I precedenti

Il caso della psichiatra di Pisa però non è un’eccezione. A dicembre aveva commosso l’Italia la vicenda del chirurgo Giorgio Falcetto, 76 anni, colpito alla testa con un’accetta nel parcheggio del Policlinico San Donato. La morte di Falcetto, in pensione ma ancora in forze alla struttura sanitaria grazie a un contratto di collaborazione, era arrivata dopo il caso di Favara (Agrigento), dove il cardiologo Gaetano Alaimo era stato ucciso con un colpo di pistola, nella sala di attesa del poliambulatorio dove visitava.

I numeri in Toscana

Dopo uno stop nella fase più calda della pandemia, le violenze nei confronti dei camici bianchi sono riprese. “Nell’ultimo anno in Toscana si sono contate 1.258 aggressioni a medici e operatori degli ospedali, di cui 935 verbali e 323 fisiche – ha sottolineato nei giorni scorsi il segretario della Fnomceo, Roberto Monaco, che è anche presidente dell’Ordine dei Medici di Siena – con conseguenti 193 denunce per infortuni. Quasi un episodio di violenza fisica al giorno. Dobbiamo proteggere i nostri operatori, prevenendo la violenza sia direttamente, rendendo sicuri ospedali e ambulatori, sia con un’opera di educazione e informazione ai cittadini”.

Psichiatri nel mirino

“In soli due mesi, a Lodi, a Chioggia e a Pisa, sono avvenute aggressioni violentissime a medici e operatori di psichiatria. Due nei pronto soccorso e l’ultima all’uscita del reparto dell’Ospedale Santa Chiara”, hanno sottolineato la presidente della Società italiana di psichiatra Emi Bondi (direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo) e la presidente eletta Sip, Liliana Dell’Osso (Direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Pisa), che lanciano un allarme sicurezza, “nei dipartimenti di psichiatria e in generale nelle strutture ospedaliere”. 
L’aggressione alla psichiatra di Pisa non è un’eccezione. “Ogni giorno riceviamo decine di segnalazioni di fatti minori ma non per questo meno importanti. Non si tratta di episodi isolati – insistono i vertici della Società scientifica – ma più che quotidiani, quasi orari. La psichiatria, secondo i dati Anaao-Assomed è la branca della medicina più colpita da questi episodi (il 34%), seguita dai pronto soccorso (20%). Ma nessun operatore sanitario ne è esente. Inoltre, molti episodi minori non vengono segnalati mentre dovrebbero essere identificati come ‘eventi sentinella’. Episodi che pongono la questione enorme della sicurezza degli operatori”.
“Il problema della collaborazione delle forze dell’ordine e in generale della sicurezza sui luoghi di lavoro non riguarda infatti solo la (imprescindibile) incolumità degli operatori. Impatta anche sul loro modo di lavorare e riguarda in generale anche il mandato della psichiatria. Perché se gli operatori sanno di poter essere tutelati in caso di necessità, riescono a lavorare meglio”.
“Possiamo eventualmente gestire con le cure i processi alla base dell’aggressività, qualora questi fossero correlati a patologie, ma non siamo in grado di difenderci dalle violenze – sottolineano le psichiatre – C’è una legge di pochi anni fa (L 14/08/2020 n 113) secondo cui ‘al fine di prevenire episodi di aggressione e di violenza, le strutture presso cui opera il personale prevedono nei propri piani per la sicurezza misure volte a stipulare specifici protocolli operativi con le forze di polizia per garantire il loro tempestivo intervento’. Protocolli, nella nostra esperienza, difficili da sottoscrivere e da attuare. Serve dunque un intervento concreto a livello Parlamentare e delle Regioni – affermano i vertici Sip – Servono inoltre investimenti nella sanità in termini di capitale umano, e strutture adeguate”. 
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